Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Alfonso De Amicis sulla Sanità
I cittadini e i lavoratori abruzzesi, in particolare quelli dell’entroterra, vivono dall’inizio dell’anno gli esiti fallimentari di un’amministrazione e di una gestione sanitaria che punta a modelli aziendalistici distruttivi, ove prevenzione, equità, accessibilità e garanzia sono principi lontani, se non inesistenti. Una guerra al salario sociale e ai diritti che viene da lontano. Una guerra applicata ora dall’uno ora dall’altra parte politica. Nei diversi modi e tempi abbiamo assistito a aggressioni a medici e infermieri da parte di cittadini esasperati, al taglio di medici e infermieri sulle ambulanze per il risparmio di cassa ai lavori massacranti per tutto il personale. Non ha fatto differenza tra personale garantito e precario, tra che sta al fronte e gli amministrativi, quasi tutti sotto ricatto. Quelli che aspettano l’sms per il licenziamento.
Di fronte a ciò i geni del ministero e della gerarchia regionale pensano di risolvere la questione con qualche mancia salariale. Nel frattempo per guadagnare tempo omettono, nascondono l’attenzione sulle reali condizioni del diritto alla salute ormai completamente aziendalistico e che è sul punto del tracollo sia finanziario che di pronto intervento. La risultante di questo processo forse cercato e voluto e una tensione orizzontale tra poveri e sfruttati che al modello Welfare hanno sempre visto un momento di uguaglianza e di aiuto. Eppure i nostri medici e operatori sanitari e di tutto il personale non chiedevano solo salari più alti, ma condizioni, strumentazione e orari di lavoro dignitosi che gli permettessero di assistere adeguatamente i loro pazienti, garantendo, in ogni suo aspetto, il diritto alla salute che ad ogni cittadino aspetta.
Hanno sempre chiesto che il diritto alla salute e la tutela dei lavoratori tutti venissero garantite. Di fronte a queste situazioni pare logico che a tutti i precari che nonostante tutto mandano avanti la baracca venga garantito un futuro certo. Non ci si può nascondere dietro la foglia di fico del concorso pubblico. In altri momenti storici, penso alla tanto vituperata prima Repubblica, si cercò e trovò l’equilibrata soluzione. Si è già fatto in altre regioni. Nel 2023 la cosiddetta azienda ospedaliera presenta ancora mancanza di personale, carenza ormai cronicizzata di posti letto, la mancanza di strumentazioni adeguate, ma soprattutto, l’assenza di presidio ospedaliero unico e di medicina territoriale che garantisca un piano di continuità assistenziale per le cure. Oggi come ieri va potenziata e ampliata la medicina territoriale, organizzare un’assistenza primaria che possa non solo ma filtrare il lavoro svolto dagli ospedali. Serve occupazione, servono ingenti investimenti fuori dalla logica del risparmio e del patto di stabilità.
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