Pescara Vecchia, parla un gestore: “La delinquenza non si ferma con i divieti” (video)

Pescara Vecchia, parla un gestore: “La delinquenza non si ferma con i divieti” (video)
Corso Manthoné, foto di repertorio
11 Nov 2025

di Melania Aio

“Qualcosa occorre da contrapporre, per non soccombere può soccorrere”. La frase, tratta dal brano “Soli” di Marracash, suona come un monito o una chiave di lettura. E sembra descrivere perfettamente il momento che sta vivendo Pescara Vecchia; stretto crocevia tra sicurezza, movida e sopravvivenza economica.

Da venerdì 7 novembre è infatti entrata in vigore Cenerentola, un’ordinanza con cui il Comune ha deciso di estendere le restrizioni già applicate in piazza Muzii. Nello specifico, il provvedimento vieta, a partire dalla mezzanotte, la somministrazione di bevande alcoliche su tavoli e sedie all’esterno dei locali, così come la vendita per asporto di alcolici, con sanzioni da 2.000 a 20.000 euro per chi non rispetta le disposizioni.

Misure pensate per arginare gli eccessi e riportare silenzio in una zona sempre più sotto pressione. A dare forza alla decisione del Comune anche il grave episodio di sabato 1 novembre, nel quale due ragazzi a bordo di uno scooter hanno esploso colpi d’arma da fuoco a salve. Nessun ferito, ma tanta paura e la conferma di un disagio crescente.

Eppure, come riportato da diverse testate locali, il provvedimento non sembra aver sortito grandi effetti. A testimoniarlo anche un video diffuso e commentato sul proprio profilo Facebook dall’avvocato Anthony Aliano, ex assessore della Lega a Montesilvano e residente della zona, che domenica, intorno alle 4.30 del mattino, ha ripreso gruppi di ragazzi ancora per strada tra schiamazzi e bottiglie.

 

 

Nel post, Aliano sottolinea come “l’ordinanza che dispone il divieto di somministrazione non sia, da sola, il giusto provvedimento per ripristinare ordine e sicurezza”.
A suo avviso, “Pescara Vecchia è stupenda proprio perché piena di movida che la rallegra e la colora”, e il rischio è che il provvedimento finisca per penalizzare “quella gran parte di esercenti che, invece, danno colore e rendono viva questa zona”.
Per questo, propone “un presidio dinamico di almeno sei unità tra autorità di polizia, militari e vigilanza privata, in movimento tra le vie del centro storico, affinché nel tempo restino aperte solo le attività che richiamano la parte sana della movida”.

Una situazione delicata, dunque, che richiede impegno e visione. Dietro la movida ci sono vite, investimenti e posti di lavoro che rischiano di pagare un prezzo alto. Bisognerebbe costruire alternative, cultura, senso di comunità. Perché se la notte pescarese è diventata un problema di sicurezza, la soluzione non può essere solo spegnere la musica e vietare gli alcolici, ma accendere altro: idee, opportunità, dialogo. Servono controlli più costanti e mirati, certo, ma anche interventi di prevenzione e proposte capaci di contrapporre qualcosa di valido a quella deriva fatta di eccessi e vuoti da colmare.

Esempi virtuosi arrivano da altre città italiane. A Bologna, il progetto “Vivi Vicolo Bolognetti” ha trasformato la movida del Pratello in un laboratorio di arte e cittadinanza: rassegne, cinema all’aperto e attività culturali hanno sostituito il caos con la partecipazione. A Torino, con la “Movida responsabile”, i locali di San Salvario collaborano con associazioni e residenti, organizzando presidi civici ed eventi che hanno reso il quartiere un modello di convivenza. Due esempi diversi, ma con un filo comune: riempire il vuoto con la cultura.

La testimonianza di Nicola, gestore di Jhorizo, locale di corso Manthoné

“Ho un locale su corso Manthoné da quattro anni. Vivo e frequento la zona, da lavoratore e avventore, da almeno dieci. Negli ultimi anni la situazione è peggiorata molto e non vedo prospettive di miglioramento, anche per la riluttanza ad ascoltare le richieste nostre e dei residenti. Pescara Vecchia sta attraversando un periodo nero. Da tempo chiediamo al Comune di affrontare il problema del nuovo “mood” dei giovani, che spesso si traduce in abuso di alcolici e comportamenti violenti. Non serve un sociologo per capire che, per cambiare questo trend, bisogna puntare sulla cultura. Organizzare eventi, proporre attività diverse, attrarre un pubblico più adulto e consapevole. Invece siamo stati relegati al ruolo di ‘abbeveratoi a cielo aperto’.

Ma se non ci è permesso di proporre musica e cultura, è normale che la clientela resti sempre la stessa e che la situazione degeneri. La delinquenza non si sopprime con i divieti: si combatte con la cultura, come avviene nei Paesi più evoluti. Qui, invece, si mette solo un cerotto su una ferita aperta; chi ci rimette siamo noi gestori, dipinti come responsabili di tutto. Persino molti residenti non hanno accolto bene l’ordinanza: i giovani continuano a uscire, ma portano gli alcolici da casa. Senza il nostro controllo e quello dei buttafuori, la situazione potrebbe addirittura peggiorare. Da anni cerchiamo il dialogo, proponendo tavoli tecnici, soluzioni, consigli, ma non siamo mai stati ascoltati. A perderci non siamo solo noi, ma anche i proprietari dei locali a cui paghiamo l’affitto, i fornitori di cibo e alcolici, delle utenze, e così via. Parliamo di duecento, trecento persone che rischiano di restare senza lavoro. Il Comune mette in conto anche questo?”

Forse il bivio in cui si trova Pescara oggi è scegliere se limitarsi a gestire l’emergenza o provare a costruire un futuro diverso.


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