di Fabio Pelini
In una città che continua ad interrogarsi a cadenza regolare sugli episodi di marginalità del mondo giovanile, che sfociano spesso in casi di violenza, non è certo una buona notizia l’inagibilità sine die di un luogo di aggregazione sportiva per i più giovani.
Stiamo parlando del campo da calcetto adiacente a Piazza Simon Bolivar, nei pressi di Via Ettore Moschino, zona alta del Torrione. Uno spazio prezioso, luogo ludico ricreativo che raccoglie tanti ragazzi delle case che insistono sulla zona fino a Colle Pretara. Prezioso non solo per condividere gratuitamente la passione per il calcio, ma anche luogo baricentrico che favorisce l’incontro e la socializzazione all’aria aperta di neo adolescenti che, tra una partita a calcetto e l’ascolto di musica, si conoscono e si riconoscono.
Usiamo deliberatamente il tempo presente perché non vogliamo pensare che la fruibilità di uno spazio così importante (e che serve come il pane), venga abbandonato a se stesso e lasciato a degradare. Tanto più che Piazza Simon Bolivar è stata riqualificata dall’amministrazione comunale poco più di un anno fa, e lasciare il campetto senza la possibilità di utilizzarlo sarebbe un segnale oltre che ingiusto, anche enormemente stridente rispetto a quanto fatto dal governo cittadino. Anche perché, da quando ne è stato inibito l’uso dall’intervento della Polizia municipale, che ha apposto il classico nastro bianco e rosso, i ragazzi che si ritrovavano per giocare non ci sono più, costretti a cercare altri spazi, in una città dove già sono pochissimi. L’intervento dell’autorità pubblica è avvenuto, con ogni probabilità, per la rete di recinzione intorno al rettangolo verde che, malmessa in più punti, evidentemente non garantisce condizioni di sicurezza e di agibilità.
Eppure, basterebbe un intervento di manutenzione dell’amministrazione comunale per ripristinare condizioni di sicurezza e riconsegnare alla città e ai ragazzi di quel quartiere un luogo fondamentale di condivisione e di crescita.
Infine, una considerazione più generale. In una città come la nostra – ma il discorso potrebbe essere allargato ad altri centri italiani – non è più rinviabile un confronto aperto sulla questione dello sport fruibile solo a pagamento, che taglia fuori centinaia di famiglie dalla possibilità di offrire ai propri figli lo svago necessario ad una crescita sana e felice. Non sarebbe ora di affrontare seriamente e diffusamente questo aspetto? Noi crediamo proprio di sì.
Nel mentre, ci auguriamo che il governo cittadino intervenga con sollecitudine. E se lo augurano anche i cittadini che hanno lanciato una petizione su change.org dove si legge, tra le altre cose:
Questo campo era frequentato non solo dai bambini residenti, ma anche dagli alunni di tre scuole primarie limitrofe, un vero punto di riferimento per la comunità locale.
Il suddetto campetto è diventato un simbolo dell’infanzia e dell’amicizia per tanti bambini. La sua chiusura ha causato una grande insoddisfazione e ha tolto ai bambini un luogo dove giocare, socializzare e crescere insieme, perturbando la felicità e la quotidianità di questi piccoli cittadini.
Nonostante il campo necessiti di cure, come la sistemazione della rete metallica di recinzione e di altre normali usure, riteniamo che la sua riapertura dovrebbe essere una priorità. Secondo il Centro Nazionale di Studi e Ricerche sullo Sport, l’accesso a strutture sportive pubbliche favorisce lo sviluppo fisico, cognitivo e sociale dei bambini.
Chiediamo perciò all’amministrazione comunale di intervenire per la riapertura del campetto da calcio e per la sua manutenzione. Firmate questa petizione per dimostrare il vostro sostegno alla causa e per restituire ai nostri bambini un importante spazio di gioco.
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I miei figli ci sono cresciuti in quel campetto. È un peccato lasciarlo inutilizzato.