“Sono oltre vent’anni che all’Aquila si parla del dopo di noi, le amministrazioni si sono succedute e i luoghi sono cambiati, ma ancora non si passa all’atto pratico. I genitori diventano più anziani e come vuole la vita muoriranno prima dei loro figli disabili, che probabilmente verranno istituizionalizzati, cioè lasciati in istituti chiusi, dove verranno gettate le chiavi e verranno abbandonati come fossero il sudiciume della società”.
Queste le parole di Massimo Prosperococco, portavoce delle associazioni disabili – intervistato da Abruzzo Sera a margine della Terza Commissione del Comune dell’Aquila.
Parole, quelle di Prosperococco, che spiegano bene cos’è il “dopo di noi”, e il rischio che si corre all’Aquila se si continua a no realizzare ciò che è in progetto almeno dal 2010.
Anno in cui l’Amministrazione Cialente con 1,2mln della Protezione Civile, più 500mila euro del Comune, decide di realizzare una struttura per il dopo di noi a Sassa.
Non succede niente però e sempre l’Amministrazione Cialente nel 2017 decide di spostare il progetto mai realizzato da Sassa, a Via Antinori, in pieno centro storico, dietro Piazza Chiarino.
Nel 2021 con le risorse del progetto si procede all’abbattimento del palazzo in questione, ma invece che ricostruirlo vi sorge un parcheggio che non sarebbe mai dovuto nascere. “Temporaneo” giurano in Comune.
Con il resto dei fondi lì, dove oggi c’è il parcheggio, andrebbe costruito la struttura per il dopo di noi, o almeno, la sua parte di centro sociale ricreativo, diurno.
Almeno questo è stato ribadito anche mercoledì nella terza commissione, dove l’unica novità emersa – nonostante il coinvolgimento delle tante associazioni ma con la grave assenza però del dirigente del settore comunale e della Asl- è stata la presa visione del progetto del RUP Domenico Isaia, che ha portato le carte relative al progetto della realizzazione del centro diurno.
Con un altro procedimento l’amministrazione promette di dedicare al dopo di noi quattro appartamenti residenziali al piano terra, più cinque al primo piano, nel palazzo affianco allo spiazzo dove dovrebbe sorgere il centro diurno.
Anzi, sembra che l’abbattimento e la ricostruzione di questo palazzo, dove sorgerebbe la parte residenziale, sia propedeutica rispetto la costruzione del centro diurno per la prossimità degli edifici. Solo che il palazzo da demolire e ricostruire per la parte residenziale è di proprietà privata e quindi segue i procedimenti della ricostruzione privata (normalmente molto più veloce di quella pubblica) su cui però il Comune non può certo incidere. Ma se è privato che c’è’entra il comune? L’Amministrazione parla di un accordo già fatto e si dice pronta ad acquisirlo.
Il Rup Isaia ha affermato che sarebbe tecnicamente possibile partire comunque con con la sola parte diurna, anche se sarebbe meglio attendere l’abbattimento dell’altro palazzo per lavorare più facilmente.
Le associazioni si sono anche interrogate di quale sia il reale bisogno e quindi sulla necessità di fare un censimento, anche se grosso modo si stimano in tutto circa cento persone.
In tutto questo l’amministrazione non ha di certo preso il toro per le corna, e il tempo passa.
Attualmente all’Aquila esiste un altro centro per il dopo di noi, ma ha caratteristiche solo sociali e non sanitari, è cioè utilizzato e vissuto da chi comunque riesce a vivere una vita autonoma o semi autonoma, insomma non è per chi ha disabilità di una certa invadenza.
Più il tempo passa, più il cupo scenario tracciato da Prosperocco può avverarsi per sempre più famiglie, che oggi sono angosciate e spaventate.
E’ dovere della politica velocizzare il progetto e realizzarlo, perché è dovere della comunità tutta trovare una soluzione a un problema troppo importante che ha a che fare con l’umanità e la dignità degli essere umani, affinché nessun disabile resti solo o sola. Non può quindi essere lasciato ancora in sospeso.
Alessandro Tettamanti
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