Ucraina, tre anni dopo: l’Occidente collettivo che voleva distruggere la Russia ha annientato se stesso

Ucraina, tre anni dopo: l’Occidente collettivo che voleva distruggere la Russia ha annientato se stesso
25 Feb 2025

di Enrico Perilli

In un tempo puntillistico e frenetico come quello ipermoderno non c’è spazio per la memoria, siamo condannati all’oblio. Se all’oblio uniamo una massiccia dose di arcaico retaggio colonialista il disastro è completo. Potremmo sintetizzare così i giorni che stiamo vivendo.

Tre anni fa la guerra a bassa e media intensità tra Russia e Ucraina si infiamma e la Russia decide di rompere la linea di confine con l’Ucraina quando da ormai lunghi dieci anni si combatteva su un’altra linea, quella del fronte del Donbass. Quindici mila morti, la strage della Camera del lavoro di Odessa, Minsk 1 e 2. L’aggressione russa del 24 febbraio 2022 è il risultato di un processo, come sempre accade nelle umane e storiche vicende. Quello che Putin chiamava l’Occidente Collettivo, espressione usata per la prima volta dal presidente russo nel 2021, durante un consiglio federale e volta ad indicare un’alleanza militare con al centro gli USA e soprattutto un sistema culturale e sociale ai suoi occhi declinante e moralmente corrotto, si è squagliato come neve al sole.

Cosa è accaduto per distruggere in quindici giorni tre anni di bellicismo furioso? Il cambio di linea politica del centro dell’impero, niente di più. Tre anni fa, quello che era l’Occidente Collettivo, scelse la guerra. Decise che la Russia di Putin, sopravvissuta alla caduta del muro di Berlino e all’intesa Clinton-Eltsin, tornata ad occupare un ruolo centrale nella geopolitica mondiale, andava umiliata al fine di riaffermare un equilibrio unipolare e minacciare la Cina. Il vecchio guerrafondaio Biden aveva fiutato grandi incassi ma non la trappola tesa da Putin. La cultura colonialista che permea USA ed Europa impedisce di vedere il valore e la pericolosità degli avversari, ritenuti indiscriminatamente inferiori e sottosviluppati. Non era solo propaganda, l’occidente era ed è ancora convinto di avere di fronte un avversario inferiore, debole, incapace.

Per questo è stato facile sciorinare una campagna di proselitismo bellico zeppa di scemenze oltre il grottesco, divulgate a reti unificate, testate unificate, camere riunite: le sanzioni economiche piegheranno la Russia in due mesi, l’esercito russo è allo sbando, ruba lavatrici alla civiltà ucraina (come se in Russia non ce ne fossero) per smontarne i pezzi al fine di reimpiegarli negli armamenti, un paese povero e senza democrazia non può prevalere sulle democrazie occidentali. La Repubblica, misteriosamente considerato il più importante foglio progressista, titolava che “i russi combattono con le pale”, non paga aggiungeva“un esercito di scappati di casa a cui rimangono 77 missili”, precisi, contati dal giornalista De Feo. Un profluvio quotidiano di dichiarazioni politiche e giornalistiche che annunciavano l’immediata caduta del dittatore che, sempre Repubblica, “sta curando una malattia terminale con il sangue di cervo”. Guai ad opporsi a tanta retorica, si finiva indicati come putiniani, nemici del Bene.

Massimo Cacciari invano chiedeva realismo e diplomazia, Mosca, nota come Terza Gerusalemme e prima potenza nucleare, non può essere trattata come la Somalia o la Serbia, ma niente, offese e accuse di intelligenza con il nemico. Dario Fabbri spiegava che Putin è l’espressione del sentimento del popolo russo non l’oppressore di quel popolo, almeno così è vissuto dai suoi concittadini, invitava a conoscere le rappresentazioni mentali e culturali di quel popolo che, a torto o a ragione, si riteneva ingannato e tradito dall’occidente; ammoniva sull’attivazione da parte dei russi di immaginari traumatici legati a passate invasioni giunte dall’ovest, Napoleone e Hitler.

Non c’è stato verso, alla guerra! Alla guerra! L’Ucraina siamo noi, noi siamo il Bene, Putin è il Male. Mantra ripetuto ancora fino a ieri, quando il nostro Presidente della Repubblica è tornato a paragonare la Russia al Terzo Reich, ignorando di insultare il moderno mito fondativo di quel paese cha per sconfiggere nazisti e fascisti (anche noi dunque) ha immolato 25 milioni di persone! Insulto peggiore non potevamo rivolgergli, proponendoci di nuovo come una civiltà irrispettosa della storia di altre civiltà. Questa possessione guerriera ha permeato l’intero corpo politico, intellettuale, giornalistico, professionale del vecchio continente.

Bandita la cultura russa, illustri intellettuali come Galimberti, Recalcati, Erri de Luca, Michela Serra, per citarne alcuni, indignati chiedevano la prosecuzione della guerra fino alla vittoria dell’Ucraina. La Russia andava punita con il sangue. Cantanti e attori come Bono Vox, Sean Pean, Maneskin, in fila nei tunnel della metropolitana di Kiev per invitare il mondo a combattere la Russia. Nessuno di questi ha successivamente comunicato la propria indignazione per oltre 50mila morti a Gaza. Forse perché Gaza non ci sono neanche più gli strumenti per suonare.

Fin qui niente di nuovo, la cara e vecchia Italietta conformista che Pasolini tanto odiava. L’errore tragico ed imperdonabile, però, che dovrebbe consigliare dimissioni di quasi un’intera classe politica europea indubitabilmente fallita e scuse dei fedeli cortigiani è di dimensioni epocali: essere entrati in guerra pensando di sconfiggere una potenza nucleare, senza una via diplomatica minimamente costruita, senza un piano b, esaurendo l’esercito ucraino, assistendo alla distruzione lenta ed inesorabile dell’Ucraina e all’avanzata russa. Favorendo l’impoverimento dei popoli europei e la conseguente avanzata dei nazionalismi e, dunque, la fine di quel poco di Europa che c’era. La Russia, come avevano previsto analisti conservatori americani, ha raggiunto tutti i suoi obiettivi: annesso la Crimea e le ricche regioni del Donbass, andando oltre con Kershon e Zaporizhzia (la proposta del maggio 2022 che prevedeva solo l’autonomia di queste zone e respinta dall’Inghilterra era sicuramente meno penalizzante), l’Ucraina non entrerà nella NATO e non ci saranno eserciti nemici ai confini russi, la classe politica post-Maidan spazzata via come la sovranità ucraina.

Poco serve affermare che Putin sarebbe arrivato a Lisbona se non avessimo armato l’Ucraina, altra grottesca e patetica balla prima propagandistica ora autoconsolatoria. L’Occidente Collettivo non esiste più, dismesso ingloriosamente dagli USA che hanno ingrassato a dismisura l’apparato militare-industriale e ora passano ad incassare preziose materie prime. L’Unione Europea invece è disarticolata, già invisa da anni alle classi popolari che, dopo aver subito il mantra “ce lo chiede l’Europa” come una condanna allo scivolamento verso il basso, hanno assistito a miliardi di euro andati in armi, è un puzzle scomposto con tessere autonome che gravitano in diverse galassie, rifiutate e insultate dal padrone d’oltreoceano a cui hanno dato l’anima e il portafoglio. I partiti socialisti già agonizzanti non hanno più nessuno slancio, la cultura europea si è dimostrata priva di spirito critico, intellettuali ridotti a scimmiette da talk show. I nazionalisti in partenza sulle navette spaziali di Musk, che tanto piacevano anche a molti democratici, scaricano l’Ucraina e l’Europa, vedi Meloni, senza il minimo rimorso.

Una catastrofe politica, economica, strategica e morale. Dovevano distruggere la Russia, hanno distrutto l’Europa. Qualcuno si assumerà questa responsabilità?


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