di Melania Aio
La storia di MTV è fatta di una serie di “prime volte” che non hanno semplicemente scandito la vita di un’emittente televisiva, ma hanno accompagnato un cambiamento più ampio, quello della cultura pop stessa. Tutto comincia il 1 agosto 1981, quando l’emittente si accende per la prima volta negli Stati Uniti. L’esordio non è casuale: MTV decide di inaugurare la propria programmazione con Video Killed the Radio Star dei Buggles, un brano che racconta, quasi profeticamente, come l’immagine avrebbe cambiato il modo di ascoltare la musica. Anche il primo fotogramma è una dichiarazione d’intenti: il conto alla rovescia di un lancio spaziale della NASA, seguito da un astronauta che pianta una bandiera con il logo dell’emittente, come se la musica stesse davvero per conquistare un nuovo spazio.
Subito dopo arriva un altro momento fondativo, l’ingresso dei primi VJ. J.J. Jackson, Nina Blackwood, Mark Goodman, Alan Hunter e Martha Quinn diventano il volto di un modo nuovo di raccontare la musica: non semplici presentatori, ma figure carismatiche capaci di creare una relazione diretta con chi guardava da casa. Erano guide, curatori, compagni di viaggio in un mondo che stava cambiando vertiginosamente. Il percorso di MTV continua a segnarsi attraverso altri debutti destinati a lasciare un’impronta. Nel 1984 nasce la prima edizione degli MTV Video Music Awards, un evento che nel tempo diventerà centrale per molti artisti, talvolta persino più dei premi ufficiali dell’industria musicale. È su quel palco che si consumano performance destinate a restare nella memoria collettiva, come l’ingresso di Madonna in abito da sposa sulle note di Like a Virgin: un gesto che da solo racconta quanto MTV fosse diventato un luogo dove l’immaginazione poteva esplodere.
L’espansione globale arriva qualche anno dopo, nel 1987, quando MTV sbarca in Europa. È la prima vera apertura internazionale, che darà vita a un’intera costellazione di versioni locali: MTV Europe, MTV Asia, MTV Latino, MTV Australia e, negli anni ’90, MTV Italia, che per molti giovani italiani diventerà un punto di riferimento culturale. Con lo sbarco nel vecchio continente nasce anche un’altra innovazione: la rotazione internazionale sincronizzata dei videoclip. Per la prima volta i ragazzi di diversi Paesi vedono gli stessi artisti, gli stessi stili, gli stessi suoni quasi in contemporanea, parlando — senza saperlo — una lingua comune fatta di immagini e ritornelli. Ma le “prime volte” di MTV non riguardano solo i contenuti: riguardano anche il modo in cui questi venivano raccontati. L’emittente è tra le prime a utilizzare grafiche computerizzate come elemento identitario, a sperimentare con tagli rapidi, bumper visivi, animazioni che definiscono un’estetica nuova, poi imitata dalla pubblicità, dal cinema, e infine assorbita dagli stessi social network.
C’è poi un’ultima “prima volta”, meno spettacolare ma forse la più significativa: MTV è il primo canale pensato esplicitamente per una generazione. Non per le famiglie, non per un pubblico indistinto, ma per i giovani. È la televisione che riconosce per la prima volta che gli adolescenti non sono un segmento marginale, ma una comunità con un proprio gusto, un proprio linguaggio, un proprio modo di stare al mondo. È forse questa la sua innovazione più radicale: aver dato forma a un’identità collettiva prima ancora che a un palinsesto.
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