“Immaginare nuove libertà” di Valter Marcone

“Immaginare nuove libertà” di Valter Marcone
29 Nov 2024

“C’è sicuramente una differenza, anzi uno scarto di vuoto tra immaginare una libertà , le libertà fondamentali della vita di un uomo e di ogni società  e la  realizzazione intesa  come attuazione e godimento. In fondo che cos’è una libertà se non una utopia, un’iperbole della vita. una alterazione quantitativa per eccesso o per difetto di quello che facciamo ogni giorno. Proprio dentro questo “apostrofo rosa” a volte ci troviamo a immaginare una libertà; a volte ci troviamo a cercare di attuare una libertà per esempio costituzionalmente garantita ; a volte a difenderla da quella melma di incrostazioni che la rendono artrosica.

 

“Libertà” dunque immaginate, descritte, affermate  nel corso della nostra storia da filosofi e politici, per non parlare di santi e di poeti. Solo per ricordarne qualcuno  per esempio per Hobbes  libertà è la ricerca di quello che non si ha, mentre  per Hegel è l’essenza della volontà umana. Per qualcun altro è una conquista , per altri ancora è il modo di fondare un contratto sociale . Per altri ancora è uno dei tre aspetti di un cambiamento così caro a Nietzsche quando si parla di libertà veramente epocale  insieme però a  uguaglianza e fraternità. E ancora l’indipendenza dalla madre patria  o l’affrancamento dal peccato.  E l’elenco potrebbe continuare all’infinito declinato in altrettanti infiniti modi  . Fondamentalmente una libertà dell’uomo  non è tanto  l’autodeterminazione e quindi la capacità di adattamento  alla natura , al mondo delle cose  e alle cose del mondo ma quanto il comprendere natura e mondo . Quindi disporre perché si possa affrancare la vita dai disagi ambientali, dalle malattie, dalla paura e affermare comportamenti caratteristici della propria specie.

 

Insomma una intera vasta forse smisurata biblioteca di scritti, riflessioni , esercitazioni e discussioni sulla libertà. Più modestamente per questa riflessione, dopo il breve elenco di pensatori  ricordato sopra, ritengo che la libertà ha volti diversi, può essere data o negata ad una società, ad un individuo,  a noi stessi ma è certo per chi scrive che la sua  presenza e la sua assenza sia il problema che fa da sfondo ai contesti entro i quali si inquadrano tutti gli altri problemi sia comuni che individuali. Quando parliamo di libertà , penso che parliamo di cose concrete, anzi spero di cose reali, tangibili, anche se spesso mi viene il sospetto che, al punto in cui oggi  è arrivato il dibattito sulle libertà e quindi sulla loro attuazione concreta, sembra difficile sfuggire ad una affermazione contenuta in una lettera di Spinosa  in cui il filosofo si  esprimeva così :”la determinazione non appartiene alla cosa secondo il suo essere; al contrario essa è il suo non essere», nella ricerca di Dio  e che Hegel  sintetizzava in questo modo  : “Omnis determinazio est negatio” , ogni determinazione è una negazione che se si riferisce alla ricerca di Dio va bene ma non va bene certamente per la ricerca delle libertà.

 

E dunque pensando alla storia di questo nostro paese e alla nostra  quotidianità del tempo che viviamo mi interessa in questa breve riflessione considerare e riconsiderare la libertà, le libertà e le battaglie di libertà da fare ancora.

 

Di fronte al cambiamento climatico, alle migrazioni, che proprio a causa del cambiamento climatico potrebbero diventare epocali, aumento delle disuguaglianze e della povertà, pandemie, fenomeni che ci fanno capire come a volte, capitale, società e natura sono interconnessi, la domanda è :  quali sono le battaglie di libertà da fare ancora,  nella convinzione che lasciar fare agli altri significa in definitiva favorire solo le classi più agiate . Dobbiamo incessantemente   continuare a domandarci quali battaglie di libertà occorre fare per dare spazio alle scelte per un futuro migliore e soprattutto per liberare una forza immaginifica capace di esprimere idee per  costruire una società diversa tenendo conto anche delle  battaglie del passato che ci hanno insegnato  molto .

 

Per esempio quelle sostenute negli anni Settanta .Un decennio lungo  di grandi trasformazioni per non dire cataclismi , iniziato  con l’esondazione dell’Arno che però  divenne un baluardo di solidarietà e di coesione di un intero paese e concluso con la vittoria ai mondiali di calcio del 1982. Anni  in cui  insieme con la violenza,stragismo nero e terrorismo rosso,  maturarono  diritti civili   e nuove strategie politiche come l’avvicinamento del Pci all’area di governo e tragedie  come il  rapimento e l’uccisione di Aldo Moro nel 1978 . Gli anni che videro il percorso dei partiti,  nati dalla lotta al fascismo e in epoca post bellica, arrivare a obiettivi importati tra cui  l’occupazione di  una posizione centrale nella vita del paese. Una posizione negata nel ventennio successivo fino alla tragedia di “Mani pulite”  e ulteriormente  sconfitta dal drastico ridimensionamento  degli organi parlamentari e quindi quella che viene definita la casta .  Gli anni del  movimento studentesco, di  Marcuse e della contestazione giovanile nel mondo occidentale; di Andy Warhol (sua la frase: “Più che fare, conta comunicare”); anni della musica pop e rock e dei figli dei fiori.

 

Anni in cui , malgrado i   momenti  difficili   le battaglie di libertà  sono riuscite ad avere la meglio .Proprio in quegli anni furono affermate infatti  libertà importanti  tra le quali l’approvazione  , il 1° dicembre 1970, della legge Baslini-Fortuna, che introduce il divorzio nell’ordinamento giuridico italiano.  Una legge sottoposta a referendum su iniziativa di Amintore Fanfani il 12 e 13 maggio 1974 in cui andarono a votare  33 milioni di italiani con il risultato che il  59,6%  di quei votanti disse no all’abrogazione delle legge . Nel 1975, con la riforma del diritto di famiglia, viene riconosciuta la parità di diritti all’interno nella coppia; nel 1978, con la legge 194, la libertà di scelta nell’aborto e all’inizio del decennio successivo  ,il 1981,  viene  eliminato  il delitto di onore e il matrimonio riparatore.

 

Conquiste di diritti e di libertà in un clima certamente  non favorevole a  quei risultati perchè anni  definiti di piombo, tra la fine degli anni  Sessanta e i primi anni Ottanta. Un paese  aggredito  da violenza politica  e terrorismo di destra e di sinistra   per un periodo lunghissimo  in cui con affanno si è riusciti a conservare la lucidità per combattere alcuni fenomeni tra cui quello delle stragismo nero e del terrorismo rosso . Un  fenomeno,quello degli attentati,  che le statistiche quantificano  così :   il numero delle organizzazioni armate attive in Italia era passato da 2 nel 1969 a 91 nel 1977, e a 269 nel 1979. In quello stesso anno si registrò la cifra record di 659 attentati con oltre  400 vittime molte delle quali appartenenti alle forze dell’ordine.

 

Senza contare una quantità di stragi  ,17 maggio 1973: strage della Questura di Milano (4 morti e 52 feriti); 28 maggio 1974: strage di piazza della Loggia a Brescia (8 morti e 102 feriti); 4 agosto 1974: strage dell’Italicus (strage sull’espresso Roma-Brennero, 12 morti e 105 feriti); 2 agosto 1980: strage della stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti).  Con un antefatto significativo : ci fu la cosiddetta Feuernacht, la Notte dei fuochi, tra l’11 e il 12 giugno 1961, durante la quale un gruppo di terroristi sudtirolesi mise in atto una serie di attentati dinamitardi contro le linee elettriche dell’Alto Adige. “Strategia della tensione “ la definì , dopo la strage di piazza Fontana , Leslie Finer nel suo articolo 480 held in terrorist bomb hunt («The observer», 14 dic. 1969, cit. in Cento Bull 2007, pp. 65-66).Una strategia che tra l’altro  dimostrava come fossero vulnerabili   i centri di potere   del nostro paese perchè contemporaneamente a Piazza Fontana, quel giorno ,  altre bombe scoppiarono all’Altare della Patria, al Museo del Risorgimento e alla Banca nazionale del lavoro di Roma, mentre, ancora a Milano, un ordigno fu ritrovato e fatto brillare presso la Banca commerciale italiana.

 

“Anni affollati “ cantava Giorgio Gaber  “ meno male che sono passati “ . Un Giorgio Gaber che non faceva sconti a nessuno specialmente in quella  canzone “ Io se fossi Dio” compresa nell’album : piccoli borghesi,  giornalisti, ,politici, fino  alla tragedia della morte di Aldo Moro .

 

Testi che non disdegnano anche inventive :

“Compagno radicale

la parola compagno non so chi te l’ha data

ma in fondo ti sta bene tanto ormai è squalificata

compagno radicale

cavalcatore di ogni tigre uomo furbino

ti muovi proprio bene in questo gran casino

e mentre da una parte si spara un po’ a casaccio

e dall’altra si riempiono le galere di gente che non centra un cazzo

compagno radicale tu occupati pure di diritti civili

e di idiozia che fa democrazia

e preparaci pure un altro referendum

questa volta per sapere dov’è che i cani devono pisciare”.

 

“Compagno radicale /la parola compagno non so chi te l’ha data /ma in fondo ti sta bene tanto ormai è squalificata”  che fa pensare con una notazione en passant  ad un partito anche se è ancora attuale la discussione sullessere “ partito o movimento “  che può appuntarsi all’occhiello della giacca l riconoscimenti per battaglie di libertà appunto “ radicali e  che  secondo  uno scritto di Massimo Teodori  del 1986  è il partito  che : “ è  stato sempre partito nel senso che ha voluto suscitare, organizzare, dar voce e rappresentare le necessità dei cittadini per più libertà, più democrazia, più giustizia, ingaggiando perciò aspre battaglie politiche per le riforme. Rifuggendo da qualsiasi rivoluzionarismo e velleitarismo i radicali hanno costantemente perseguito l’obiettivo di mutare le leggi affinché fossero più adeguate al modo in cui i cittadini o ampie porzioni di essi vivono, pensano e si comportano. Insomma il PR è stato ed è un partito di governo. Ma il Partito Radicale è sempre stato anche movimento nel senso di suscitare ed organizzare le istanze sentite dalla gente e non accolte nella politica. “ (http://old.radicali.it/)

 

Uno sberleffo quel   “ Io se fossi Dio” ad una società che non riusciva ad immaginarsi proiettata nel futuro  e quindi degna di un “ castigo verbale” come  l’invettiva .

 

Le società moderne hanno costruito un ideale del futuro. Un miraggio forse una utopia pragmatica. John Dewey la chiamava “ speranza progettabile” .In realtà in questa prospettiva hanno  un legame non casuale “generazione e politiche  pubbliche di giustizia sociale ed ecologiche”. Dentro un contesto in cui le classi politiche meno giovani  sono coraggiose  nel progettare il futuro  ma non sono disposte  a rischiare molto .Il legame tra generazioni e idea  di uguaglianza potrebbe fare la differenza. Ecco perchè , cominciamo così l’elenco che non puà non cominciare così , in Italia è necessario fare una battaglia  perchè la classe politica più giovane che caratterizza l’attuale fase politica , a cominciare dall’affermazione  dei grillini di qualche anno fa,  renda il paese più dinamico  e non più diseguale e affamato di privilegi . Disuguaglianza e impoverimento sono uno spreco.

 

“Inventare il futuro “ è una espressione accattivante per non dire affascinante che usiamo spesso in molti ambiti. In realtà chi ha progettato e costruito un futuro che è il nostro presente  in senso pieno sono stati gli uomini e le donne che hanno scritto la nostra costituzione repubblicana. Pensarono a lungo  il tema della libertà ed esposero il risultato di quel loro pensiero  e del conseguente dibattito che lo aveva animato  nei principi fondamentali della nostra Costituzione. Dodici  articoli, chiamati appunto “principi fondamentali”, che enunciano i valori sui quali si fonda la Repubblica;  i diritti  del cittadino :i diritti naturali, i diritti sociali, i diritti politici e i diritti civili ; i doveri del cittadino  : inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. .

 

Ora in questo i nostri giorni caratterizzate da insicurezza, perdita di valori,soprattutto nella politica,  trasformazioni veloci della nostra società, sopravvento della tecnica, c’è una battaglia  inalienabile  che è quella della difesa di questi principi e valori costituzionali  e  quella della loro attuazione. Questo  nostro presente che fu “immaginato” da quella generazione che veniva fuori  dalla resistenza  e dalla lotta partigiana vede spesso una mortificazione operata da più parti di quei valori . Difenderli è dunque una battaglia  per trasmetterli integri al nostro futuro ovvero al futuro dei nostri figli e nipoti . Perchè se è vero che parti della costituzione possono e devono essere in qualche modo aggiornate per renderle più corrispondenti alle esigenze dei tempi  e dei cittadini , è fuori di dubbio che valori e principi non hanno aggiornamenti a secondo dei tempi. O sono  o non sono e quindi  torniamo all’affermazione  ricordata  “Omnis determinazio est negatio”  che va bene sempre per la ricerca di Dio ma non nel caso della ricerca dei valori dell’uomo. Ammetto che ci possa essere opinione contraria ma è troppo lungo qui starne a discutere .

 

Anche perchè  in questi nostri giorni lo sforzo dovrebbe essere immaginifico Ovvero lo sforzo di immaginare una società diversa, nuova, che metta al primo posto giustizia e  uguaglianza. Forse rileggendo dopo cinquecento  anni Tommaso Moro e la sua”Utopia” o Campanella con la sua” Città del Sole” o la “Repubblica” di Platone  possiamo farci un’idea di quello che è stato il dibattito storico  di un concetto . Che però non si addice alla nostra idea di giustizia per costruire un mondo nuovo e nuove  libertà .  Ovvero l’idea è che  la giustizia,quella che abbiamo in mente ,  si deve  fare  valore morale e  solidarietà che è un contratto sociale affermato ma molto spesso negato dalla “solitudine del capitale” che fa del profitto il metro di valutazione di molte cose.

 

Per immaginare una società diversa dobbiamo immaginare una società giusta e quindi una società vera cosa che può avvenire solo ridefinendo le parole dell’attuale società. Cominciando dall’identità che deve tornare a circoscrivere  le azioni della persona e non essere dunque la prescrizione dell’apparato a cui l’individuo appartiene, risultando anche in questo caso una conquista di libertà contro l’algoritmo della produzione e del consumo. Passando poi  per la  rivalutazione della soggettività personale e le aspirazioni che tale funzione produce. Rifiutare  la massificazione dell’informazione per renderla più conforme alla verità che permette alla ragione di riconquistare il modello umanistico che definiva “chi era l’uomo” e non “a che cosa serviva l’uomo”. C’è poi  un cammino di riappropriazione delle ideologie, della politica e quindi della democrazia come espressione della volontà popolare. In particolare la battaglia è quella di liberare le parole della politica per  farle risuonare di nuovo complici delle esigenze della persona e non  degli apparati.

 

In questo senso si aggiungono a queste battaglie quelle per una salute che restituisca al paziente, all’ammalato , alla persona  il contatto con il medico fuori da ogni burocratizzazione e nel pieno di un rapporto di conoscenza e sapere .

 

In generale poi parlando appunto di conoscenza e sapere  bisogna fare in modo che la conoscenza che governa aspetti della nostra società non consolidi le gerarchie e gli squilibri storici . Il sapere dovrebbe diventare un diritto universale, sganciato da privilegi geografici ,economici e anche storici. Il progresso , e parliamo di intelligenza artificiale, di scienza trasformata in tecnologia  non deve essere strumento di esclusione ma di coesione.

 

Poi ci sono le libertà che derivano dall’affrancamento dei bisogni . Ecco allora la lunga battaglia per un salario minimo, in generale un salario giusto e dignitoso .E c’è la battaglia per la libertà delle donne di usare il proprio corpo. Un inventare il futuro che in questo caso vale molto più di ogni altra rivendicazione .

 

E quando parliamo di  corpo dobbiamo anche fare un accenno al diritto alla vita e alla morte, ovvero all’autodeterminazione in tema di diritto a porre fine alla propria vita di fronte a sofferenze procurate da una infermità che non ha nessuna prospettiva di attenuazione  e di guarigione.  Si tratta in questo caso di fare  un riferimento a quella che da una parte viene definita “legge” che non va intesa secondo l’uomo religioso  in senso sacrificale ma come dice lo stesso  Gesù Cristo “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento. 18 Perché in verità vi dico: Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure un iota o un solo apice della legge passerà, prima che tutto sia adempiuto. “(Matteo 5,17-20 ) E si tratta di guardare alla vita  e alla morte con la certezza, sempre riferendoci a quel Gesù  che non vuole abrogare la legge ma adempierla, che il suo magistero è dedicato ad educare alla sconfitta della morte  e alla esaltazione della vita che però deve venire sempre fuori , che deve essere vissuta nello splendore :”effatà “ che significa in aramaico «Apriti» e fu la parola usata da Gesù per operare la guarigione di un sordomuto. Con la considerazione dunque che se non viene fuori a causa della malattia,del bisogno  economico,  della ingiustizia, delle diseguaglianza ,la domanda  forte e chiara è la seguente  : “allora   che vita è” . Anche se l’uomo in definitiva ha paura della vita  e il peccato non è non essere virtuosi ma è la freccia che non raggiunge il bersaglio, l’occasione della vita mancata .

 

Abbiamo parlato di  lotte per  immaginare e realizzare nuove libertà, quelle che potranno dar senso ad un futuro che valga la pena di chiamare tale. Sta proprio in questo sforzo  di immaginazione  il valore  di un mondo futuro  in cui  la libertà ,le libertà  siano in questo caso dunque “la freccia che raggiunge il bersaglio,l’occasione della vita “ da vivere veramente .

 


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