E’ calato il sipario sulla Notte delle Streghe 2024, lo spettacolo teatrale in dialetto che dal 1996 mette in scena a Castel del Monte, vivace borgo fortificato sulla strada per Campo Imperatore, un’antica credenza popolare.
Giunta alla ventisettesima edizione, anche questa estate nelle ormai consuete notti del 17 e 18 agosto, migliaia di turisti provenienti da tutto l’Abruzzo e non solo, hanno invaso le suggestive stradine del paese montano per conoscere Ru rite de’ re sette sporte, antica usanza praticata dai castellani per esorcizzare la paura delle streghe, che le si immaginava come causa primaria di malattie e morti di bambini appena nati.
Lo spettacolo itinerante, che si snoda nel centro storico del paese, prende il nome dal rito di allora che prevedeva la veglia del bambino malato per nove notti, trascorse le quali la mamma del neonato, accompagnata dalla comare di battesimo e da altre donne fidate, sfilava in processione, di notte e in silenzio, transitando sotto sette archi; la procedura imponeva poi che si sostasse ad un crocevia per battere con forza i panni del bambino malato, per finire con il dare fuoco agli indumenti. Solo al termine di questo rito, la strega che aveva “succhiato” il bambino poteva considerarsi sconfitta e l’infante guarito. Anche se le precarie condizioni di vita persistevano e miseria e scarse condizioni igieniche continuavano ad imperversare.
Un’usanza, quella dei “sette sporte”, tramandata perlopiù oralmente, di generazione in generazione, e che ha resistito all’incedere del tempo e alle conquiste che il progresso ha portato con sé, perché alcuni eventi restavano difficilmente comprensibili per le genti del passato e trovare la causa di una malattia, un periodo sfortunato o una morte improvvisa, diventava in qualche modo consolatorio, in quanto offriva un nemico tangibile a cui contrapporsi. Un po’ come avveniva nei riguardi del malocchio nell’Italia rurale del dopoguerra.
Una delle rare testimonianze scritte su questa tradizione, trasmessa per secoli nelle famiglie castellane, è quella del poeta-pastore Francesco Giuliani, appassionato cantore di Castel del Monte, che nei suoi quaderni di cose castellane Se ascoltar vi piace scrisse a proposito della credenza:
Quando una creatura si ammalava e il medico non ci capiva nulla e non c’era medicina per guarire, subito si sospettava che le streghe se la succhiavano. E stupidamente si credeva che le streghe entravano nella casa dal buco della chiave o dal tetto. I parenti, gli amici e i vicini tenevano subito consiglio e si deliberava che si doveva fare il giro del paese di notte e passare sotto i sette sporti.
Il giro si faceva verso la mezzanotte quando le vie erano deserte, e la comare del battesimo doveva portare in braccio la creatura seguita da altre donne in silenzio e, se pure si incontrava qualcuno, non si doveva fare una parola, con tutto questo credevano di allontanare le streghe e far guarire la creatura.
Si faceva anche in un altro modo, si vegliava la creatura per otto o dieci notti, nell’ultima notte all’ora tarda si prendevano i panni della creatura, si andava fuori dal paese dove due strade si incrociavano, e lì si mettevano i panni sopra un pezzo di legno e si battevano forte e poi si bruciavano. Qualche volta capitava che la creatura guariva e si rafforzava la credenza nelle streghe.
Quello delle streghe è ormai un vero e proprio brand per Castel del Monte, momento clou di un cartellone estivo che mobilita un’intera comunità e attrae turisti alla ricerca di originalità e bellezza. Ingredienti che ben assortiti tra loro certo non difettano a Ru rite de’ re sette sporte, se è vero che dal lontano 1996 in cui fu messo in scena per la prima volta, grazie all’intuizione del sindaco di allora Mario Basile e all’intraprendenza di un gruppo di castellani doc, solo il covid ha fermato l’happening annuale. Che via via si è arricchito di collaborazioni esterne, musicisti, registi, tanto da passare da evento di una notte – inizialmente quella del 17 agosto, che nelle edizioni di maggior successo portava per le strade del paese visitatori fin quasi all’alba – a momento apicale dell’intera estate, non solo castellana, spalmato su due giorni, 17 e 18 agosto.
Anche l’edizione appena conclusa e, miracolosamente risparmiata da una pioggia oltremodo minacciosa, è stata di grande impatto: circa 3500 gli spettatori accorsi, distribuiti in 32 gruppi (18 la notte del 17 agosto, 14 il giorno successivo), che hanno potuto gustarsi nove scene oltre a tante piccole rappresentazioni di passaggio tra una scena e l’altra tra le misteriose stradine del paese, abilmente acchittate. Circa 200 i volontari impegnati nell’impresa, di cui 90 attori guidati dalla regia di Marcello Sacerdote.
La Notte delle streghe è diventata nel tempo molto più di una rappresentazione teatrale: è un momento identitario di appartenenza alla comunità di Castel del Monte, che mette idealmente alla prova, come in un gioco di specchi, il legame tra la storia e le tradizioni della prima metà del Novecento e il mondo globalizzato contemporaneo. Ed è proprio questa la sua forza: in un’epoca in cui tutto è mercificato e alla portata in ogni latitudine, nella Notte delle streghe – come per il sortilegio di un’immaginaria macchina del tempo – ci si ritrova immersi in un passato lontano da intelligenze artificiali e influencer di ogni risma, innervato di vita di vicinato e duro lavoro nei campi, intriso di superstizioni e comunitarismo, ma anche di maldicenze e invidie.
Un passato che diventa paradigmatico di un’Italia che non c’è più, dove con accenti per molti tratti neorealistici non ci si preoccupa solo di rappresentare quel che eravamo, ma anche evidenziare il conformismo sempre in agguato, che può portarci a giudicare ogni forma di diversità con l’ottica deformata e deformante della presunta normalità. Insomma, un bel modo per guardare al futuro rinsaldando le radici e la propria storia, anche sapendo valutare criticamente quel che siamo stati (e che forse siamo ancora). E, virtù che non guasta mai, strappando più di un sorriso, a volte dolce, a volte amaro.
Agevolati dalla splendida cornice di Castel del Monte, dove tutto riesce più facile.
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