Novecentomila euro. A tanto ammonta la parte del finanziamento destinato a Monte Pettino, di un importo complessivo di 5milioni, ottenuto dal Comune dell’Aquila dal Ministero dell’Interno per la messa in sicurezza e il dissesto idrogeologico del territorio.
Appalti che devono andare a gara entro fine febbraio per non perdere il contributo. Le altre aree interessate sono in particolare il fosso di San giuliano( per 950mila euro ) e Arischia (35mila per manutenzione straordinaria e 900mila per dissesto idrogeologico).
Risorse, quelle destinate alla montagna che sovrasta Pettino che “serviranno esclusivamente al contrasto del rischio idrogeologico”, ci tiene a sottolineare l’Assessore Fabrizio Taranta che insieme al settore Ambiente ha affidato in modo diretto la progettazione di fattibilità definitiva ed esecutiva, indicando come Rup il geometra Luca Pelliccione.
“Su Monte Pettino mancano ancora dei pareri, ma necessariamente entro febbraio dobbiamo ottenerli e andare a bando per tutti gli interventi”, afferma Taranta.
Ma cosa si realizzerà di preciso? “E’ previsto il ripristino dell’alveo del fosso a Cansatessa – continua l’Assessore – la pulizia di fossi ed argini, e nella parte bassa l’installazione di due tubi d’acciaio che costituiranno un ponte per non far finire l’acqua a valle su Via Antica Arischia dalla parte di Cansatessa”.
Interventi e risorse che si aggiungono a quanto fatto in emergenza tra fine 2020 e inizio 2021 per 180mila euro, lavori fortemente limitati alla manutenzione di poche briglie e l’eliminazione di un masso.
A spaventare, giustamente, è il rischio idrogeologico per la parte abitata a valle, rischio che è aumentato proprio in virtù dell’incendio del 2020 che ha trasformato il terreno, rendendolo meno drenante rispetto lo scorrimento delle acque.
Nel frattempo però il bosco è lasciato a sé stesso dalle istituzioni: “Non possiamo fare niente – dichiara ad Abruzzo Sera Taranta – perché la legge vieta qualsiasi intervento prima di cinque anni, oggi quelle aree non possono neanche essere attraversate”.
La norma a cui l’assessore si riferisce è l’articolo 10 della legge quadro sugli incendi boschivi n.353 del 2000 che recita così:
“Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell’ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia”.
Una norma che nasce da un ratio corretta, che è quella di scoraggiare gli incendi dolosi a fini speculativi, e che infatti prevede anche che le zone boschive colpite da incendio non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni, e il divieto per dieci anni di realizzare edifici per insediamenti civili ed attività produttive.
Ma la situazione reale di Monte Pettino vede oggi centinaia e centinaia di alberi morti nell’incendio che con le ultime perturbazioni stanno pericolosamente cadendo ostruendo i sentieri, di cui già non sarebbe rimasta traccia se non fosse stato per alcuni interventi spontanei da parte di chi ha eletto quello a luogo del cuore.
Il supposto divieto di attraversamento però non convince. Non c’è neanche un cartello che lo segnali ed è impossibile da attuare vista l’estensione dell’area e la caratterizzazione a macchia di leopardo delle zone interessate dall’incendio. Impossibile perimetrare (e infatti nulla è stato perimetrato), impossibile chiudere gli accessi, uno dei quali è proprio da Madonna Fore, su cui ultimamente l’Amministrazione è intervenuta in chiave di valorizzazione per aumentarne l’attrattività e quindi la percorribilità.
Sempre leggendo la normativa, la stessa non sembrerebbe impedire semplici operazioni di spostamento o accompagnamento a terra di alberi morti, caduti o cadenti, che intralciano i sentieri lasciando la necro massa lì a terra. Interventi che in nessun modo hanno a che fare con le attività di rimboscamento, ma piuttosto con la pubblica incolumità, messi già in atto de facto dall’impegno civile, e che quindi andrebbero dalle istituzioni compresi e riportati in una cornice di piena condivisione.
Questione anche politica insomma, legata anche alla volontà di un’amministrazione che se fosse necessario potrebbe ricercare le specifiche autorizzazioni per azioni minime, anche stressando il diritto con un po’ di coraggio se ve ne fosse bisogno. Pettino e il suo patrimonio però sembrano non riscuotere sufficiente interesse. Basti pensare all’incendio stesso del 2020, quando il Sindaco Pierluigi Biondi emanò un’ordinanza anti volontari perdendo la possibilità di limitare il danno al bosco con un maggiore intervento da terra e facendosi beccare in una discoteca della costa mentre la montagna sopra uno dei quartieri più popolosi della città andava a fuoco. Anche allora si pensò quasi esclusivamente a non far arrivare le fiamme in prossimità delle abitazioni e di sacrificare il bosco.
Ma questo ai Pettinesi e agli appassionati non piace. Non piacque allora, né tantomeno adesso che gli si chiede di rimanere con le mani in mano per cinque anni a vedere i sentieri svanire. Luoghi che da una vita costruiscono la base del benessere di un’ampia parte di città. In quota gli ultimi tornanti del Passo del dottore (il più dolce dei sentieri per arrivare in vetta) erano completamente ostruiti da alberi caduti, così come la parte di cresta dopo la crocetta di Madonna Fore verso, appunto, Monte Pettino. Ora sono liberi e percorribili grazie a un attivismo civico supportato da una comunità che si ritrova a discutere dell’area anche in gruppi sui social e che nuovamente ha percepito l’istituzione come assente.
“Ormai sono quasi passati cinque anni dal 2020 e dobbiamo farci trovare preparati, questo sì – afferma l’Assessore Taranta – per questo abbiamo partecipato a un convengo presso l’Università dell’Aquila con l’associazione Ju parchetto con noi. Con questo percorso di condivisione sistemeremo e riapriremo i sentieri appena la norma ce lo consente, per riportare l’area alle condizioni naturalistiche possibilmente meglio di prima anche sotto l’aspetto della fruizione della popolazione”.
Un segnale certamente positivo che viene anch’esso dal mondo dell’impegno civile, a cui dar seguito, ampliando la condivisione tra chi ogni giorno vive quella montagna. Su un altro piano, sarebbe coraggioso aprire a sperimentazioni amministrative necessarie, vista la complessità del territorio in questione che non può esser inteso come semplice “verde pubblico” cittadino.
A differenza di Arischia, Collebrinicioni, Roio, Preturo, Pettino-Cansatessa infatti, nonostante il loro enorme patrimonio boschivo, non hanno un Amministrazione dei beni separati, usi civici (ASBUC) o qualsiasi cosa possa aiutare a decentrare e governare il territorio dal territorio, creando comunità e abbreviando le lunghezze di una municipalità che ha altre priorità, e non sembra ancora intravedere il potenziale di un quartiere che è porta di una montagna, in cui ogni giorno entrano in centinaia tra persone e biciclette. Una possibilità di valorizzazione che aiuterebbe l’economia di prossimità del quartiere e i suoi operatori che coraggiosamente resistono in periferia, contribuendo a renderlo qualcosa di diverso dalla definizione di ‘quartiere dormitorio’, a cui è stato tristemente, destinato.
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