Questa fascia che poggia sul cuore e che indosso con orgoglio dal 2017 mi ha coinvolto in mille situazioni, mi ha fatto conoscere tante realtà, mi ha portato in Paesi lontani, mi ha fatto superare problemi grandi e piccoli, mi ha regalato emozioni e risultati, mi ha fatto attraversare il dolore, mi ha insegnato che la bellezza si può trovare ovunque (basta vederla con lo sguardo giusto), mi ha rafforzato nel rispetto per l’avversario politico, mi ha fatto scoprire l’importanza di lavorare con gli altri sindaci e quanto sia gratificante impegnarsi per la propria comunità. Credo che tutto questo sia un sentire comune nella sindacatura.
Con questa fascia ho accolto la disperazione della mia gente terremotata, ho gioito con loro per ogni pezzo di città e di territorio ricostruito.
Grazie a questa fascia ho potuto chiamare a raccolta le istituzioni per ridare l’anima alla comunità dispersa attraverso la cultura; grazie a questa fascia insieme ai cittadini è stata possibile la rinascita dell’Aquila.
Con questa fascia e con la mano esitante per la potenza dell’atto che stavo per compiere ho acceso con il Fuoco del Morrone, per la prima volta, il tripode del Perdono, in occasione della 723esima edizione della Perdonanza celestiniana e oggi, con la stessa commozione e con la stessa fascia che poggia sul cuore e che esalta la solennità del gesto, accenderò la lampada votiva che arde sulla tomba di San Francesco.
È l’ennesima opportunità che il nostro Tricolore, fattosi simbolo di etica pubblica, mi dona rendendomi ancora più consapevole, come sindaco e come uomo, della portata rigeneratrice dell’amore intelligente, alimento di quella coscienza progettuale che non va soffocata, ma indirizzata verso il bene comune.
Un termine, questo, desueto, ma al quale i valori ispiratori di San Francesco e San Pietro Celestino restituiscono dignità e centralità nel nostro quotidiano impegno di amministratori.
Quei valori che hanno portato il Comune dell’Aquila, in collaborazione con la Croce Rossa italiana, a dare vita al “Progetto invisibili”, finalizzato a dare supporto alle persone senza dimora e a dare nuove possibilità di reinserimento a chi è in una condizione di forte marginalità sociale.
Un progetto pienamente in essere che, insieme ad altre iniziative di solidarietà e inclusione, rappresenta un pezzo del grande puzzle della misericordia, prodromica al perdono e viatico per la pace.
Come noi, anche Assisi e gli altri Comuni italiani sono impegnati in questo ambito, rappresentando quella buona novella di cui il mondo ha bisogno e che come la goccia, “gùtta càvat làpidem”, sovvertirà l’egoismo, la spregiudicatezza e la spietatezza della geopolitica.
San Bernardino, il cui corpo è custodito all’Aquila nella basilica a lui dedicata, è stato un grande predicatore francescano, profondamente venerato dagli aquilani ai quali ha insegnato quei valori del Santo di Assisi che tutt’oggi sono fonte di consolazione e ispirazione grazie all’impegno dei frati minori di San Bernardino.
Ma San Francesco ha ispirato anche il nostro Ignazio Silone – come in Vino e pane – che lo vedeva come un esempio di santità genuina, un modello di libertà interiore, un ideale di umanità autentica e di fede vissuta nella semplicità.
L’ottimismo razionalista, per cui ogni problema si risolve senza Dio, perde efficacia al cospetto delle guerre che rischiano di trasformare la terra in un grande teatro di morte.
L’ancestrale necessità di riposizionare gli equilibri economici e politici ci racconta che la pace continua a essere intesa come un bilanciamento tra poteri e contropoteri, scrivendo così pagine di oscurantismo umanitario.
Come ho già avuto modo dire, il mio auspicio è che Leone XIV venga ad aprire la Porta Santa di Collemaggio nel 2026, in occasione della Capitale italiana della Cultura e in quell’occasione ripetere all’Aquila, d’intesa e insieme ad Assisi, il gesto del 1986 di Papa Giovanni Paolo II che accolse qui, nella vostra città, settanta rappresentanti delle principali religioni del mondo per elevare insieme una preghiera di pace.
Il Perdono di Assisi e la Bolla di Papa Celestino V ci ricordano l’umanità perduta e l’importanza della fede e ci fanno guardare con occhi nuovi e accogliere positivamente, ispirati dalla speranza, la fiammella che si è accesa da alcuni giorni e che ci fa pensare a una possibilità di svolta per la drammatica situazione del Medio Oriente.
Vogliamo crederci, dobbiamo crederci in questa possibilità, perché un nuovo umanesimo, sintesi tra ragione e spiritualità, deve essere possibile, è possibile.
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