Una donna di 50 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, è deceduta nelle scorse settimane nella sua abitazione in Lombardia, dopo essersi auto-somministrata un farmaco letale fornito dal Servizio Sanitario Nazionale, insieme alla strumentazione necessaria. La fornitura del farmaco e degli strumenti è avvenuta nove mesi dopo la richiesta.
Questo rappresenta il sesto caso in Italia.
A causa della malattia, la donna era paralizzata e dipendeva completamente dall’assistenza continuativa. Il suo caso rappresenta il primo episodio di questo genere in Lombardia.
La paziente aveva presentato la richiesta di verifica delle proprie condizioni all’inizio di maggio 2024. A fine luglio dello stesso anno, dopo aver ottenuto il parere del comitato etico, l’azienda sanitaria le ha comunicato di possedere i requisiti stabiliti dalla Corte nella sentenza Cappato: capacità di prendere decisioni libere e consapevoli, patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche considerate intollerabili dalla richiedente e dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.
Nel gennaio scorso, la donna ha potuto procedere con l’auto-somministrazione del farmaco letale nella sua abitazione, assistita dal dottor Mario Riccio e circondata dai suoi cari, come riportato dall’Associazione Luca Coscioni.
“Serena ha ottenuto di interrompere sofferenze insopportabili e irreversibili con l’aiuto del Servizio sanitario pubblico di Regione Lombardia. Era un suo diritto, come lo è in tutta Italia, non solo in Toscana – ha dichiarato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione -. Se il Consiglio regionale lombardo avesse approvato la nostra legge di iniziativa popolare “Liberi Subito”, Serena non avrebbe dovuto affrontare una corsa ad ostacoli di 9 mesi. Chiedo a Fontana di approvare una delibera di Giunta per definire le modalità e tempi di attuazione dell’aiuto alla morte volontaria in Lombardia, a tutela dei malati e anche del personale sanitario”.
“La mia breve vita è stata intensa e felice, l’ho amata all’infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l’amassi” ha scritto nell’ultimo messaggio la donna.
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