Oggi sono esattamente dieci anni dall’incidente. Eravamo in sei dentro un’utilitaria; ricordo ogni goccia di quel tempo: noia, dolore, rimpianti, impotenza e amici che andavano avanti senza guardare me, immobile nel letto.
Ricordo mia madre, madre dolcissima che mi fasciava e lavava quasi fossi tornato il suo infante.
Quanti sorrisi all’Ospedale di Sondalo, quanti amici nella nostra misera sofferenza: un gioco di matrioske, dal fendente più energico al ‘colpetto di richiamo’, e poi di nuovo parti invertite verso il soffrire più acuto, la paura sul lettino che mi portò alle convulsioni prima dell’ <<osteotomia antivalgo>>.
Balle raccontate -non sempre, certo- per ingigantire quel ricordo che resta qui dentro, che non vuole uscire. Come un turista che non vuole ripetere per l’ennesima volta la sua disavventura in quel Villaggio di merda.
Ma c’è di più: la voglia di guardare oltre, guardare il futuro e il suo oscillare umano tra bene e male. Voglio essere ‘normale’, ma non mi ci sento.
Il gioco di accumulo mi ha organizzato una cefalea muscolo-tensiva niente male.
Credevo di aver pagato il mio tributo alle pene, ma non vedo proprio che motivo avevo di illudermi. Seduto, allora! E incassa anche un legamento rotto al piede così non puoi né studiare, né fare sport.
Chi mi conosce mi guarda come appartenente ad una specie diversa. “Quella ragazza (Barbara, fa teatro) non potrebbe mai stare con te…” è l’ultima frase che ho sentito dire prima di venire qui a scrivere.
Il mal di testa qualche volta mi lascia in pace; studio allora. Un concorso da disperati per insegnare a trent’anni, e che non passerò mai.
Penso sempre più spesso a una donna.
Si chiama Feba -per comodità- ed è toscana, ma come al solito la domanda è “sei innamorato, hai solo voglia di fottere, sei annoiato o hai necessità di amare?”, bel dilemma, per il momento è anche da poco. Domani sarà “vuoi sistemarti?”, tremo solo a pensarci; vorrei solo baciarla, sentire il suo odore e la sua voce, le grida.
Lei vuole che vada a trovarla, fra un po’ parto per qualche giorno, non resisto. Le comprerò un libro e riciclerò qualche frase storica da mettere tra le pagine.
Ognuno di noi cambia a seconda della persona che gli sta davanti; chissà cosa divento con Feba, magari un po’ gotico -tipo lei-, o forse più personaggio: quello allegro che attrae perché è semplice e fa bene quello che deve, mah.
Fatto sta che ora ho proprio voglia di ‘prendere e dare’; mi scrive delle cose che mi lascia secco. Ci penso spesso e altrettanto spesso parlo da solo con lei, a bassa voce, ridendo, sussurrando… in genere finisce a colpi decisi di autoerotismo. E che diamine, non si può vivere di solo dolore! La corda sennò si tende e finisce male: sono persino diventato invidioso e un po’ gufo.
Il Lexotan faceva più effetto, queste pasticche lasciano spazio alle mie nevrosi (ha appena vinto la n° 39, Miss Italia; bella tipa, ma quando piangono diventano tutte racchie. Tu faresti sesso orale con una sventola così che però piange e sorride contemporaneamente?).
1.2
Un mesetto fa le ho mandato un sms, una specie di cartolina da dopo vacanza e niente più; lei ha risposto “che gioia un tuo mess tanti baci”.
È la parola “gioia”, ovviamente, che ha acceso il gioco.
Un paio di settimane dopo le ho scritto di nuovo “Mi sento un po’ solo, speriamo che m’invii qualcuno dei tuoi “tanti baci” ”, speranzoso, chiamavo palesemente una risposta di rifinitura al giochino innocentemente erotico. Eccola lì, un’oretta dopo:
“certo che te li mando tanti baci mica tanti tanti però mi stanco a soffiare vieni presto cia cia tanti baci”.
Mi stanco a soffiare, vieni presto… contatto!
Che fesso, che voglia di sognare che ho. Spero non passi mai, ‘l’idea-Feba’ non deve svanire; ma è tutta energia positiva, lo sento: speriamo di sfruttarla per l’esame.
A Novembre sono stato invitato per una conferenza da una neonata associazione culturale. A Monte San Savino, vicino Lucignano, ci sarà anche Feba probabilmente.
Mi danno carta bianca.
“…, ma ora lascio senz’altro la parola al dott. Simenoni CLAP CLAP CLAP” (50 persone, se va bene).
“Ssì, dott. Simenoni mi ci chiama lui che è un mio amico, e lo leggo sulla posta che mi inviano quelle scuole-Master da 2˙000 € a semestre.
Le mie origini sono toscane, i miei nonni erano di Lucignano, i miei zii; vi confesso che la cosa mi fa effetto, mi sento come dire… onorato.
Bene, dopo questa leccatina vi dico in due parole il percorso che ho scelto per l’occasione…” Potrebbe andare così, chissà. Uno s’immagina sempre la scena quando deve fare qualcosa di particolare.
Ma torniamo a Feba, ne ho di cose da dire su di lei. Stelle cadenti, lago, chitarra, con due dita le tocco un ginocchio; costretta a respingere un noioso rompiscatole che liquidò il giorno dopo al bar: “Scusa, ti posso chiedere di lasciarci un po’ soli?”
Poi avvicinarsi e allontanarsi come un elastico, il mio imbarazzo con Maurizio (suo ex, mio caro amico).
È un’estate in cui tutti si lasciano, questa qui; sembro un avvoltoio in cerca di carcasse sulle quali ‘infierire affettuosamente’.
1.3
“Parlo solo quando ho qualcosa da dire”, così De Andrè in un’intervista di qualche anno fa. L’esperimento del “flusso di coscienza” non tiene molto in considerazione questo tipo di saggezza, ma mi intriga. E alla fine, rileggendo, vedrò cosa potrò salvare.
Intanto non so se è il caso di cambiare la rotta. Mi riferisco a Feba, non vorrei essere monotematico. In realtà non parlo di lei, ma di me.
Nulla di strano, dunque. Anche i nostri ‘Maggiori’ ci cascavano: la letteratura (italiana e non) abbonda di autobiografie camuffate. Quindi… Feba è la mia voglia di essere amato.
È molto probabilmente un cocktail di donne sbagliate del passato. Ma mi ha dato attenzione, mi ha voluto e ha teso questo filo tra noi.
Una nuova strada in discesa, e vai forte forte che poi ti schianti? Chissà, le possibilità però non sono molte, visto che non c’è ancora nulla, e se mai ci sarà qualcosa non sarà certo strozzata dalla routine: ci dividono 230 Km.
Non è la Lapponia, certo. Ma è la distanza giusta per vivere, qualora fosse, due vite separate.
Non ricordo più cosa vuol dire sentirsi al centro, stare insieme a qualcuno.
Il mal di testa va meglio; ora ho a disposizione giorni interi di lucidità -che spesso si traducono in iperattività nevrotica-, e giorni di apatica sonnolenza.
Oggi è stato ‘apatico-sonnolente’: nel pomeriggio mi sono fatto 3 ore di sonno e 3 di storia greca.
A proposito sono venuto a sapere che se non entro al concorso di cui sopra sono proprio un rincoglionito: su 73 persone ne fanno fuori una decina. Io ovviamente rischio di essere tra loro.
Perciò mi do alla dottrina di Stakanov, ancora per poco, spero… poi è Feba. Non scriverò nessun messaggio di preavviso, mi presenterò lì un lunedì -meno rischi di trovare il suo ex- e la chiamo “sono qui, vuoi uscire più tardi? Il tempo di fare una doccia e ti passo a prendere”, non vedo cazzo l’ora.
Con l’anima in pace, però, che vuol dire rendermi conto, prima di partire, di aver fatto un buon orale al concorso. Metti che non mi passa il nervoso e mi viene la cacarella proprio nel bel mezzo di un amplesso? Quando mi darà tutti quei “tanti baci”?
L’8 ottobre si opera mio nipote e io ho l’esame. Povero nipotino: la vita gli ordina di stringere i denti e lui ancora non ce l’ha.
Sto studiando molto, mi hanno spostato la prova di una settimana. Meglio, diluisco gli sforzi. Peggio, devo aspettare di più per vedere Feba.
“Ascolta io dovrei partire per qualche giorno se tu hai già deciso quando è che pensi di venire me lo dici così evito di andar via quando ci sei tu cari saluti”.
Chissà se è vero quello che ha scritto, o se è un trucchetto per sapere quando cavolo arrivo a Lucignano. Spero in quest’ultima ipotesi; vorrebbe significare che ha la stessa voglia che ho io di vederla.
I “cari saluti” sono un surrogato ai “tanti baci”: l’ho pregata di non sprecare tutti i colpi dell’anno, pronta la sua risposta ironica.
Immagino spesso di farci l’amore, un gioco erotico di parti, di ruoli; un serissimo amplesso stile-Ghost; un video porno di seconda classe con porcate materiali e soprattutto verbali.
Se mai sarà, spero in un cocktail di questi tre elementi.
Come fare con Maurizio? In un modo o nell’altro confesserò.
La prenderà a ridere, mi darà il nulla osta, poi mi sconsiglierà vivamente di innamorarmi.
Tanto chi l’ha detto che devo per forza perdere la brocca? Voglio assaggiare però. È un mio -nostro- diritto, ci cerchiamo. Perché rinunciare?
1/continua
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