Negli ultimi tempi, la cronaca ha riportato notizie di devianza e criminalità che non riguardano solo L’Aquila, ma anche altre città dell’Abruzzo e più in generale dell’Italia. In questo contesto, case famiglia e professionisti che lavorano nel settore vengono spesso accusati senza molta cognizione di causa. Ne parliamo con Goffredo Juchich, responsabile della Comunità Crescere Insieme, che da anni offre supporto a minori in difficoltà, inclusi molti stranieri non accompagnati.
Chiediamo a Juchich se i casi di cronaca siano realmente legati ai ragazzi ospiti delle strutture. La sua risposta è chiara: “La maggior parte di questi ragazzi non fa parte del circuito di accoglienza. Alcuni entrano, ma vi rimangono solo poche ore prima di andarsene. Ovviamente fino a quando in strutture socio educative saranno collocati minori che in realtà dovrebbero essere in IPM (Istituti Penali per Minorenni ndr) difficilmente risolveremo il problema.”
Un altro punto critico è la questione della libertà di movimento. Juchich spiega: “Non siamo strutture coercitive. Possiamo stabilire regole e orari, ma non possiamo costringere un ragazzo a tornare se decide di allontanarsi. come anche il contenimento fisico, non può essere svolto da assistenti sociali ed educatori professionali” Le autorità sanno quali sono i ragazzi problematici “Collaboriamo attivamente con le forze dell’ordine e con i servizi sociali del comune, tutti sappiamo quali sono i ragazzi difficili, purtroppo a volte l’unica soluzione è collocarli presso le comunità, ma ripeto, una struttura socio educativa non può sostituirsi ad un Istituto Penale” aggiunge, “anche se minore chi commette reati gravi deve avere la comunità socio educativa al termine del proprio percorso di riabilitazione non all’inizio, soprattutto nei casi più gravi.”
Attualmente, circa cento minori stranieri non accompagnati sono accolti nelle case famiglia. Juchich sottolinea che la maggior parte di loro segue percorsi educativi e lavorativi. “Questi ragazzi sono impegnati in progetti di formazione e spesso li vediamo lavorare in ristoranti e altre attività.”
Naturalmente Juchich ribadisce l’importanza delle strutture di accoglienza: “Se non ci fossero, molti di questi ragazzi finirebbero per strada.”
Il monitoraggio delle comunità avviene attraverso diverse istituzioni. “Leggo che mancano i controlli e francamente rimango allibito: noi siamo sottoposti a ispezioni ordinarie e straordinarie da parte della procura, del Comune e delle forze dell’ordine” spiega Juchich:” Se manca una legge di accreditamento regionale la colpa non è certamente la nostra ma i criteri delle nostre autorizzazioni al funzionamento hanno standard molto rigidi, basta vedere il capitolato delle manifestazioni d’interesse per capirlo”
Un tema centrale è quello dei giovani che sfuggono alla rete dei servizi. “A L’Aquila, parliamo di un fenomeno che coinvolgerà almeno cinquanta persone,” osserva Juchich. Queste giovani trovano spesso supporto in amicizie e spazi abbandonati, il che può portare a comportamenti devianti. In particolare, la situazione è critica per alcuni ragazzi del Nord Africa. “Dobbiamo lavorare su progetti di educazione di strada e sviluppare percorsi che possano integrare anche coloro che non sono in comunità.”
Crescere Insieme in collaborazione con l’Aps Città Aperta (composta da operatori ed ex ospiti della casa famiglia) ha aperto il progetto “Porto Sicuro” che si inserisce nella rete di interventi in favore dei care leavers, ovvero coloro che, al raggiungimento della maggiore età, lasciano il sistema di accoglienza e tutela di cui hanno beneficiato fino a quel momento per entrare nel mondo degli adulti.
“È fondamentale rinforzare la rete dei servizi,” avverte Juchich. “Chi cerca di smantellarla deve considerare che l’assenza di supporto porterà a problematiche più gravi.” Molti ex-ospiti di Crescere Insieme sono oggi ben integrati. “L’Aquila è una città accogliente, con numerose opportunità per chi ha avuto meno nella vita.”
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