“Il carcere continua ad essere un luogo di mera afflizione, poca o nessuna possibilità di riabilitazione, solo espiazione generalizzata e mortificazione. Sembra di avere a che fare con un buco nero che ingoia ogni briciolo di umanità in barba alle leggi e all’intelligenza. E’ il caso, della casa circondariale di Teramo in località Castrogno. Naturalmente non parlo di una eccezione ma di quella che è la normale, malsana condizione di tanti istituti di pena nel nostro Paese. La struttura, costruita nel 1986 e mai ristrutturata, versa in condizioni di grave fatiscenza e letteralmente “imprigiona” oltre 400 detenuti destinati ad aumentare, a fronte di un massimo previsto di 255 unità e 174 agenti, a fronte dei 221 previsti, gravati da 50.000 ore di straordinario per sopperire al vuoto di organico in essere. Si tratta di una situazione che va ben oltre ogni limite visto che, purtroppo, nel 2024 nell’istituto si sono verificati alcuni suicidi determinati delle condizioni di sovraffollamento e di degrado in cui sono costretti a vivere detenuti ed operatori penitenziari.
Una situazione che, tra l’altro, non rende minimamente onore all’impegno di chi quotidianamente opera all’interno di quelle realtà con grande competenza e dedizione. Vorremmo sapere, quindi, dal ministro di Giustizia se sia o meno a conoscenza di questa situazione di vergogna assoluta e soprattutto cosa intenda fare per porre rimedio in primis al grave stato di sovraffollamento e alla carenza di organico degli operatori di polizia penitenziaria. Altrettanto gravi, poi, sono le carenze strutturali: nel periodo estivo le docce spesso sono inutilizzabili causa razionamento del servizio idrico, gli agenti sono costretti ad alloggiare in stanze con arredi fatiscenti e privi di qualsiasi comfort. Per di più il tetto della struttura è in condizioni tali che, costantemente, si registrano quando piove gravi infiltrazioni d’acqua che determinano spesso prolungati blackout con le ovvie conseguenze logistiche e gestionali. Il centro di detenzione, inoltre, è posto al di fuori del centro abitato non prevedendo alcun tipo di collegamento garantito dai mezzi pubblici. Solo la buona volontà del personale riesce a prezzo di grandi sacrifici a garantire il funzionamento dei servizi interni e la possibilità di recuperare alla vita normale i detenuti. Una situazione inaccettabile che chiede risposte adeguate”.
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