Verini e Padovani: “la Destra non affronta la questione sicurezza. C’è bisogno di un’altra visione per il centro città” 

Verini e Padovani: “la Destra non affronta la questione sicurezza. C’è bisogno di un’altra visione per il centro città” 
04 Ago 2023

Doveva essere una conferenza stampa sulla sicurezza in città, e lo è stata, ma al piano securitario, legato all’ordine pubblico, i consiglieri  di minoranza Enrico Verini e Gianni Padovani  hanno avuto l’intelligenza di affiancare anche quello più profondo della dimensione sociale e del contesto.

Quindi più che puntare il dito verso qualcuno in particolare o utilizzare la facile leva della paura, buona per ottenere consensi, i due, rispettivamente rappresentanti di Azione e Socialisti liberali – da poco uniti in un intergruppo comunale in prospettiva elezioni regionali – sono finiti a parlare anche di visione di città e quindi delle complesse cause che, a partire anche dalla visione che si mette i campo, generano fenomeni come quello della micro criminalità nel Centro storico dell’Aquila.

Perché una cosa sembra purtroppo assodata: L’Aquila non ha mai vissuto negli ultimi 20anni un periodo così difficile da un punto di vista della “sicurezza” percepita in Centro come nell’era Biondi, il Sindaco di Fratelli d’Italia che proprio della sicurezza, per provenienza politica e culturale, dovrebbe fare una bandiera.

Ma cosa vuol dire sicurezza? 

“Un termine né di destra né di sinistra”  – secondo Padovani – che però in questa città la destra non affronta”, da qui la necessità forse di farlo da una prospettiva più di sinistra che “comprenda anche il contrasto alle povertà e alle diseguaglianze sociali  e che così potrebbe unire i diversi gruppi d’opposzione in un’unica battaglia: quella di una visione di città, in particolare del centro storico, alternativa a quella perpetrata dall’attuale amministrazione.

“La nostra – ha affermato Verini – è una visione alternativa a quella che vuole farne un luogo vuoto che vive solo di grandi eventi e movida serale, quando noi pensiamo serva un centro città con cinema, biblioteca, spazi per l’incontro. Perché a noi così L’Aquila non piace, ma lo diciamo da innamorati della città in cui siamo nati”.

Anche per Verini e Padovani, dunque, serve che in centro tornino scuole, servizi e residenti, perché solo in questo modo si può tornare ad avere un controllo di comunità.

Il rischio per Verini è che, se non affrontato, questo tema legato alla sicurezza, “porti la città a un graduale spopolamento”.

Il consigliere d’Azione, in tal senso, ha riportato il caso di un commerciante di una nota catena situata sotto i portici di San Bernardino, che ha scritto ad inizio luglio una lettera a Prefetto, Questore e Sindaco, in cui denuncia come “le lavoratrici addette al commercio al dettaglio devono assistere passivamente a risse, insulti, sbeffeggi e provocazioni, sotto la più totale indifferenza da parte delle istituzioni. Da parte mia – conintua il commerciante – chiederò alla mia azienda di tutelare le lavoratrici con la chiusura del tuta vendita”.

“La dimostrazione di come non affrontare la tematica sicurezza  comporti anche un danno economico” sottolinea Verini, che insiste: “ci sono anche altre attività che chiudono in anticipo perché c’è smercio di droga sotto gli occhi tutti, che figura facciamo con i turisti? In molti infatti si sono lamentati come si può vedere in alcuni commenti su Trip advisor”.  

Cosa chiedono dunque i due consiglieri? 

“Non vogliamo alcuna  militarizzazione – chiarisce Verini  – ma il controllo della legalità, che si rispettino le regole che già ci sono. Chiediamo l’identificazione di chi si comporta male e che venga chiesto conto al  tutore legale in caso di reati commessi da minori”.

Qui il volto aquilano del partito di Calenda, tocca il tasto da lui più volte affrontato con toni decisamente più diretti e provocatori sui social, riguardo i minori non accompagnati ospiti delle case famiglie, tra l’altro – come si può leggere dai giornali – i primi ad essere a loro volta colpiti da episodi di microcriminalità.

Questo giornale ha già affrontato, almeno in parte, la questione, soffermandosi sul lavoro svolto dagli operatori, sommersi di richieste e di lavoro dalle stesse istituzioni, e anche sugli importanti distinguo tra modi diversi di lavorare da struttura a struttura.

Poi Verini è passato alle sue proposte concrete sul terreno securitario: “vogliamo un pattugliamento a piedi sistematico da parte delle forze dell’ordine con le dovute risorse messe a disposizione da Sindaco e Prefetto, accompagnati da un cane anti droga che ha una funzione anche deterrente”. “Insomma vogliamo delle misure quotidiane di legalità a tutela dei cittadini aquilani, altrimenti questa città la perdiamo”.  

E le mille telecamere annunciate da Biondi ? “così come sono, non servono a niente, non possono essere utilizzate se non su richiesta di un magistrato in caso di reati di tipo penale. Per il resto, come richiede la privacy, servirebbe un regolamento che per ora non c’è”.

“Nel documento riguardo le performance del 2022 – ha affermato il consigliere Padovani – la sicurezza viene messa come un obiettivo centrato al 100% , il che sa di presa in giro. Risale anche al  febbraio 2022 – continua il consigliere socialista –  il patto per la sicurezza urbana che non mi pare abbia portato a risultati concreti. Oggi viviamo in una città in cui manca il capo della polizia municipale e 46 agenti. Non capisco come possa rendersi sicura quando non abbiamo gli strumenti necessari per il controllo”.

“Insomma – conclude Padovani – abbiamo bisogno di questo più che di una nuova pavimentazione e nuove serate di gala. Noi vogliamo un centro che viva 24h, che sia anche un centro commerciale e non che di centri commerciale ne nascano a profusione in periferia come testimonia anche  l’ultimo approvato in consiglio sabato scorso. Anche le scuole devono tornare in centro, così come lo sport con palestre e quant’altro”.

L’Aquila ha dunque bisogno di più integrazione tra le sue parti, vecchie e nuove, e invece oggi è una città divisa: tra centro e periferia, ricchi e poveri, italiani e stranieri, giovani e anziani. Il centro era spesso luogo di sintesi su cui invece oggi non si può più contare. Anzi, dietro la vetrina faticosamente tenuta in piedi, e du cui non si vuole vedere le crepe, giacciono contraddizioni e conflitti di enormi dimensioni che rischiano di mandare tutto in frantumi. Per essere iniziati a sanare, questi conflitti, hanno bisogno di politiche calate ad hoc sul terreno sociale, che vadano nella giusta direzione dei bisogni e affrontate con risorse adeguate. Al contrario, se non verrà fatto, si avrà come unica risposta quella della repressione, una moneta tanto cara alle destre e ai conservatori in genere, che non farà altro però – dietro una parvenza di decoro – che acuire le divisioni di cui sopra. A perdere sarà la comunità  e la scommessa fatta nel 2009 di una ricostruzione sociale, impossibile senza coesione.  

Alessandro Tettamanti


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