“Abbiamo atteso qualche giorno prima di proporre una riflessione in merito agli episodi di microcriminalità che hanno interessato il centro storico aquilano nelle ultime settimane, molti dei quali riguardano, purtroppo, minorenni”, dichiarano Francesco Cerasoli e Fabrizio Giustizieri, a nome di Sinistra Italiana L’Aquila.
“Abbiamo preferito attendere” – continuano – “per non contribuire ad alimentare polveroni social e mediatici con parole affrettate. Ad oggi, sentiamo però la necessità di contribuire alla discussione cittadina in merito a questi episodi e, per quanto nelle nostre possibilità, di proporre azioni politiche.”
“Partiamo da alcune considerazioni:
– Per quanto riguarda i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) in cui vengono collocati i migranti distribuiti sul territorio a seguito delle procedure gestite dalla Prefettura, gli ospiti di tali centri sono protagonisti di reati con una frequenza estremamente bassa (inferiore allo 0.1%). Inoltre, nei CAS che riescono a reperire le risorse necessarie (visto che quelle assegnate da Stato e Regione non sono minimamente sufficienti) a fornire percorsi di formazione individualizzati, la stragrande maggioranza degli ospiti trova sbocchi lavorativi che consente loro di vivere un’esistenza dignitosa e spesso di mettere da parte qualcosa da inviare alle proprie famiglie nei Paesi di origine, il che li tiene lontani dai circuiti criminali.”
“Problemi maggiori si riscontrano per i minorenni non accompagnati, spesso protagonisti degli ultimi episodi violenti in centro. Molti di questi minorenni sono inseriti in comunità con limiti ragionevoli in materia di risorse e personale, che non sempre consentono di garantire un percorso di inclusione nel contesto cittadino. Percorso di inclusione che dovrebbe comprendere, accanto all’insegnamento della lingua italiana, un piano formativo che aiuti i ragazzi sia a recuperare eventuali gap conoscitivi che ostacolano il relazionarsi con i pari al di fuori del proprio gruppo di appartenenza (ricordiamo che molti di questi minorenni provengono da regioni in cui il tasso di scolarizzazione è molto basso e l’istruzione, anche primaria, rappresenta un lusso che molte famiglie non possono permettersi), sia a sviluppare le proprie potenzialità in modo da fornire loro una prospettiva di futuro, senza la quale prevale il solo istinto di sopravvivenza. Accanto a ciò, fondamentale sarebbe prevedere, in tutte le comunità che accolgono minorenni, percorsi di educazione all’affettività (che andrebbero implementati anche nei normali programmi scolastici) e al (ri)conoscere le proprie emozioni. Per far tutto ciò, però, la politica deve sostenere concretamente le comunità e non considerarle meri “parcheggi” in cui far stazionare i minori in un vuoto di stimoli e prospettive.”
“In tanti casi, gli episodi violenti sono legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. I minorenni non accompagnati vengono spesso reclutati, per una ventina di euro al giorno, nei circuiti che gestiscono il traffico di droga a livello regionale, molto attivi ad esempio nella marsica, per poi essere indirizzati verso il capoluogo dove, evidentemente, la domanda di stupefacenti è molto più elevata di quanto la città voglia ammettere a sé stessa. È importante quindi vedere il fenomeno da entrambe le facce della medaglia: oltre a promuovere (e pubblicizzare in pompa magna) le opportune operazioni di polizia per contrastare lo spaccio, la politica cittadina, regionale e nazionale dovrebbe interrogarsi su come arginare i fattori che favoriscono il ricorso agli stupefacenti, tra cui il disagio psicologico dilagante e ritmi di lavoro e di vita insostenibili.”
“Sempre per quanto riguarda i minorenni non accompagnati, è importante ricordare come alcuni di loro sviluppino, durante il viaggio per arrivare in Italia o una volta arrivati qui, tossicodipendenze per cui avrebbero necessità di supporto dagli appositi servizi del Sistema Sanitario Nazionale, come il Servizi per le Dipendenze patologiche (SerD); tuttavia, nonostante le numerose segnalazioni delle comunità che ospitano questi ragazzi, la cronica mancanza di risorse delle ASL abruzzesi impedisce nella maggioranza dei casi il loro inserimento in percorsi riabilitativi. Ulteriore difficoltà è quella del reperimento di tutori da parte del Tribunale per i minorenni, operazione che richiede a volte anche uno o due anni, anche a causa della gratuità di tale ruolo.”
“Il contesto normativo, sia nazionale che europeo, non favorisce in alcuna maniera l’integrazione. Basti pensare al famoso Trattato di Dublino, che blocca i migranti in un limbo burocratico nel Paese di approdo; trattato la cui necessaria riforma, lo ricordiamo, vide l’inazione quando non il totale ostruzionismo da parte degli europarlamentari della Lega e di altri gruppi sovranisti come il partito “Fidesz” dell’attuale premier ungherese Orbán. Peraltro, anche nel caso di migranti i cui reiterati comportamenti illeciti permettono di inquadrarli come “socialmente pericolosi”, e quindi passibili di rimpatrio in tempi celeri, la mancanza di accordi bilaterali con tanti dei Paesi di provenienza impedisce di fatto il rimpatrio stesso. L’Italia attualmente ha infatti accordi bilaterali con Tunisia, Albania, Marocco, Egitto e Nigeria, ma per quanto di nostra conoscenza solo quello con la Tunisia ad oggi è entrato in funzione effettivamente. Ciò fa sìche questi soggetti particolarmente problematici vengano o del tutto abbandonati a se stessi o affidati nuovamente ai CAS e alle comunità per minorenni, provocando non pochi problemi di convivenza anche con gli altri ospiti.”
“In ultimo, l’utilizzo indiscriminato della carcerazione (che, ricordiamo, nella Costituzione italiana è vista come “extremaratio” e sempre nell’ottica della rieducazione del/della detenuto/a) al primo reato, anche di minore entità, non fa altro che favorire la recidiva, soprattutto nei minorenni, e ciò è dimostrato da molteplici studi, non solo nel contesto italiano.”
“Viste queste premesse, soluzioni facili non esistono di certo. Noi ci permettiamo di proporre però un paio di possibili azioni da intraprendere a stretto giro:
1) Aprire una discussione seria sul fenomeno in consiglio comunale e in consiglio regionale, invitando rappresentanti delle Prefetture abruzzesi, delle forze di polizia, delle ASL, della magistratura e delle realtà associative e cooperativistiche che operano nell’ambito dell’accoglienza dei migranti, per trovare soluzioni concertate ed efficaci, al di là della mera propaganda.
2) Rendere trasparenti i dati: si potrebbe ad esempio realizzate una piattaforma web, a livello comunale così come a livello regionale, in cui mostrare quante e quali strutture sono presenti sul territorio per l’accoglienza dei migranti, quanti ospiti ciascuna di esse ha attualmente in carico, di quante risorse e di quanto personale dispongono, quali percorsi di formazioni sono previsti per gli ospiti. In tal modo anche la cittadinanza potrebbe verificare se le risorse stanziate sono sufficienti e se sono adoperate in modo tale da favorire percorsi di inclusione, riducendo così il rischio di inserimento in contesti criminali.”
Ci auguriamo che su un tema così complesso, attuale e delicato si instauri un dibattito serio. La politica deve tornare a ripensare le città, e la società nel suo complesso, in modo che siano a misura di persona, non solo a misura di consumatore.” concludono Cerasoli e Giustizieri.
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