La voragine che si è aperta nei conti delle Asl abruzzesi – 122 milioni di passivo al termine del 2023 – ha costretto la giunta regionale ad una precipitosa variazione di bilancio, cui fa seguito adesso una drastica dieta dimagrante per tutti i Dipartimenti della Regione Abruzzo. La richiesta a ciascuna delle 8 strutture è di tagliare 2,7 milioni per l’anno in corso, 2,5 milioni per il 2025 e altrettanti per il 2026.
Una cura da cavallo che l’assessorato al bilancio regionale richiede sottolineando “la peculiarità della situazione finanziaria delineatasi soltanto di recente” e confidando “nella massima disponibilità” poiché in alternativa “non potrà che procedersi individuando indirizzi maggiormente incisivi”.
Traduzione: se non si taglia adesso, sarà necessario ridurre ulteriormente più in là. La cosa singolare è che sia l’assessore al bilancio Mario Quaglieri sia la sua collega alla sanità Nicolettà Verì sono gli stessi della scorsa legislatura: è durante il loro mandato quinquennale che si è prodotta la voragine debitoria ed è sempre con loro che la notizia è emersa “soltanto di recente” (guarda caso, dopo le elezioni regionali).
Delle due l’una: o sono molto distratti, o sono complici; in entrambi i casi, dovrebbero trarne le conseguenze. In queste elezioni europee e comunali fortunatamente non è partita la fabbrica di collane, braccialetti e mancette, poiché gli svariati milioni di debito risorgente non consentono la corruzione elettorale che gli abruzzesi hanno patito durante le recenti consultazioni regionali. Sono convinto che le donazioni alla cieca deliberate nottetempo soprattutto nei corridoi della Regione mercantile in tutte le direzioni conosceranno nuova vita come zombie nel corso delle prossime settimane grazie al fabbisogno di rilettura degli organi preposti.
Ma i 122 milioni in realtà ne nascondono molti di più, circa 200, e il rischio del commissariamento non riguarda soltanto la sanità ma l’intera Regione Abruzzo, poiché il danno è strutturale, così come strutturale è la vocazione a fare danni di questo centrodestra dalla facile delibera clientelare. Sorgono spontanee tre domande:
1) che fine faranno le decine di milioni di collane, braccialetti e mancette dati per vincere le elezioni regionali?
2) Diventeranno assegni a vuoto?
3) Può essere corruzione elettorale? Io ho l’esigenza di definire questa condotta con un istituto della
procedura penale. Naturalmente non è escluso che organizziamo un convegno sul tema per rubricare l’esattezza di questa infettiva fattispecie.
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