di Alessandra Prospero
Quando la Camosciara divenne simbolo della tutela ambientale in Italia
Il 21 ottobre 1921 non è una data qualsiasi nella storia dell’Abruzzo: quel giorno, la Federazione Pro Montibus et Silvis, guidata dall’abruzzese Erminio Sipari, affittò una parte della Camosciara dal Comune di Opi.
Un atto amministrativo in apparenza semplice, ma che rappresentò un gesto visionario: da quella firma nacque il primo nucleo del futuro Parco Nazionale d’Abruzzo, istituito ufficialmente l’anno successivo, nel 1922.
Un’idea rivoluzionaria per l’Italia del primo Novecento
All’inizio del secolo scorso, il concetto di “parco nazionale” era quasi sconosciuto in Italia. Gli unici modelli esistenti provenivano dagli Stati Uniti — Yellowstone e Yosemite — e pochi intellettuali europei ne conoscevano la filosofia.
Sipari, naturalista e parlamentare, comprese che le montagne abruzzesi custodivano un patrimonio unico di biodiversità e cultura: l’orso bruno marsicano, il camoscio d’Abruzzo, il lupo appenninico, ma anche antichi boschi di faggi, castagni e aceri, villaggi storici e una popolazione rurale legata a tradizioni millenarie.
Fu il primo a intuire che proteggere la natura non significava fermare il progresso, ma fondarlo su basi nuove, in equilibrio con l’ambiente e le comunità locali.

foto di: Valentino Mastrella
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L’orso marsicano, simbolo e custode del Parco
Tra i protagonisti indiscussi della nascita del Parco c’è lui: l’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus), specie endemica dell’Appennino centrale e tra le più rare d’Europa.
Negli anni ’20 si stimavano appena 70-80 esemplari sopravvissuti alla caccia e alla distruzione del loro habitat. Oggi, grazie alla protezione e ai programmi di conservazione, ne restano circa 60, distribuiti in Abruzzo, Lazio e Molise — pochi, ma vitali, simbolo di una rinascita possibile.
Accanto all’orso, il camoscio d’Abruzzo rappresenta un’altra specie salvata dal rischio di estinzione: da poche decine di esemplari nel 1920 a oltre 3.000 presenti oggi nei parchi dell’Appennino centrale.
Dalla Camosciara al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Il primo “Parco sperimentale”, esteso su circa 5.000 ettari, comprendeva le valli della Camosciara, di Opi e Civitella Alfedena.
Nel 1923 il Governo italiano ne riconobbe ufficialmente lo status di Parco Nazionale, conferendogli personalità giuridica e ampliandone i confini.
Nel 1950 l’ente divenne autonomo e prese il nome attuale di Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, a testimonianza di un territorio condiviso da tre regioni.
Oggi il Parco copre circa 50.000 ettari di area protetta e oltre 75.000 ettari di area contigua, abbracciando 25 comuni, di cui 21 in Abruzzo, 2 nel Lazio e 2 in Molise.
Curiosità e primati
- È il secondo parco nazionale più antico d’Italia, dopo il Gran Paradiso (istituito pochi mesi prima, nel dicembre 1922).
- Ospita oltre 2.000 specie di piante, 40 specie di mammiferi, 300 di uccelli e più di 100 di farfalle.
- Le foreste vetuste di faggio del Parco, tra le meglio conservate d’Europa, sono entrate nel Patrimonio Mondiale UNESCO nel 2017.
- Ogni anno oltre un milione di visitatori scelgono l’area per escursioni, sport sostenibili e turismo naturalistico.
- Il Parco ha dato origine a iniziative pionieristiche di educazione ambientale e volontariato, come il “Campo Orso” e il “Sentiero del Cuore Verde”, percorsi formativi per giovani naturalisti.
Un’eredità viva
Il 21 ottobre, dunque, non è solo il ricordo di un atto fondativo, ma la celebrazione di una visione ancora attuale: quella di un’Abruzzo capace di custodire la propria natura come bene comune, risorsa economica e identità culturale.
Oggi, a più di un secolo da quel giorno del 1921, la Camosciara continua a essere il cuore pulsante di un territorio che vive in equilibrio tra conservazione e futuro, un luogo dove la storia dell’uomo e quella della montagna si fondono in un’unica, straordinaria armonia.
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