di Alessandro Tettamanti
La polizia municipale sta comminando delle multe a ragazzi e ragazze che si siedono sotto i portici che nel centro storico vanno dai Quattro cantoni alla Basilica di San Bernardino, spazio di ritrovo per i più giovani da generazioni e generazioni, ma negli ultimi mesi finito al centro del dibattito pubblico e politico all’interno del cosiddetto allarme sicurezza e “baby gang”.
Quelle fatte dai vigili sono multe da 100€ realizzate richiamandosi alla deliberazione 67 del Consiglio comunale del 22 agosto 2016 in base alla quale, nell’articolo 12, si afferma che: “è vietato salire, sostare o camminare, collocare oggetti di qualsiasi specie, senza giustificato motivo, su tetti, cornicioni, inferriate, cancellate e simili, spallette di fiumi o torrenti, ponti, o ogni altro luogo che costituisca pericolo per la propria o altrui incolumità”.
Norma mai applicata finora per i portici di San Bernardino che quindi verrebbero così equiparati a una specie di cornicione.
Certo, è anche successo che tempo fa un ragazzo da lì ci sia caduto, ma avrebbe senso che l’inedita sanzione venisse applicata in virtù di specifici comportamenti che senza ogni ragionevole dubbio “mettano in pericolo la propria e l’altrui salute” .
Dalle testimonianze, le condotte non sarebbero invece diverse dal classico utilizzo che si fa da decenni e decenni di sedersi sui finestroni dal lato dei portici.
Come stabilire d’altronde la pericolosità del comportamento? All’intento di un chiaro caso di discrezionalità, siamo certi verrà utilizzato lo stesso metro di giudizio per tutti, giovani come anziani, italiani come stranieri?
Quella delle contravvenzioni e dell’utilizzo della deliberazione del 2016, sembra piuttosto una forzatura da parte dell’Amministrazione per risolvere, a modo suo, il “problema” dei giovani e dello spazio pubblico. In un modo molto semplice: riducendo ancor di più lo spazio pubblico usato dai giovani.
Una specie di Daspo chirurgici che sposterebbe più in là gli adolescenti e le adolescenti, dove magari non venga applicata tutela alcuna, ma – cosa che appare più importante di tutte – dove non siano visibili.
Se l’Amministrazione ha messo in campo interessanti progetti sull’educativa di strada negli ultimi mesi, questa applicazione della deliberazione ora sembra contraddire quell’approccio e – con la discrezione di cui si parlava – andare più verso quello che potrebbe conformarsi come un tentativo di apartheid anagrafico ed etnico.
Non si vogliono certo negare i problemi che questa città sta attraversando, compreso quello della sicurezza, in questa sua fase di ricostruzione, ma la notizia di queste multe ha in sé qualcosa di inquietante.
Ormai da anni infatti è chiaro come lo spazio pubblico non sia stato compreso nel modello di ricostruzione “sociale”, in quanto spazio improduttivo, vuoto e potenzialmente “pericoloso”.
Stiamo assistendo a una ricomposizione del centro tutta basata sulle attività produttive e i loro utenti, in cui sono moltissime quelle legate alla ristorazione.
Lo spazio dove non fare niente, semplicemente stare, parlare, incontrare, lo spazio sociale comune, gratuito, che un tempo costituiva l’idea forte della città, è vissuto come un problema, così come un problema viene visto il ritorno in questi spazi ridotti della categoria che di questo tempo libero, anche dal consumo, maggiormente dispone e verso cui propende: i giovani e le giovani. Un problema che molto spesso viene etnicizzato ma che in realtà riguarda tutti, in particolare coloro che possono meno permettersi di consumare.
Si continui piuttosto a provare ad educarli i giovani, non ad escluderli, perché questo sarebbe un pessimo modello educativo e quindi la scelta peggiore per il futuro della città.
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