di Fabio Pelini
E’ senza dubbio una delle principali criticità del mondo contemporaneo, ma fino a qualche tempo fa sembrava un fenomeno esclusivo dei grandi centri urbani. Stiamo parlando dei senzatetto, piaga delle nostre comunità che condanna le categorie più fragili all’esclusione sociale. Negli Stati Uniti, per esempio, sono 600mila ogni notte a dormire per strada. Eppure, secondo le Nazioni Unite, ogni persona dovrebbe poter godere di un minimo di benessere. Per questo, il raggiungimento dell’inclusione sociale rappresenta una sfida per l’intera comunità internazionale. Nonostante non vi sia un singolo obiettivo nell’Agenda 2030 che parli apertamente di esclusione sociale, è fuor di dubbio che la lotta a questo fenomeno sia a fondamento di tutti e 17 gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che mirano a liberare tutta la società dalla fame e dalla povertà.
Fin qui il contesto generale. Ma c’è chi ci ha insegnato a pensare globalmente sì, ma ad agire localmente. E allora, in una città come L’Aquila, capoluogo di Regione, ma pur sempre città di provincia, osservare scene come quella a cui abbiamo assistito fa un certo effetto, inutile nasconderselo. Anche perché non è certo un inedito, visti i casi analoghi di chi staziona in altre aree della città alle stesse condizioni o di chi dorme tutte le notti in camper. Non certo un fiore all’occhiello per una città che ha un patrimonio immobiliare per 150mila persone (destinato a crescere con l’avanzare della ricostruzione, soprattutto nelle frazioni) a fronte di settantamila abitanti, e che dispone di 4449 alloggi del progetto Case e di 1204 map. Con un terzo di questi appartamenti vuoti.
Insomma, per la Capitale italiana della Cultura 2026, non proprio un bel biglietto da visita.
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