di Valter Marcone
La scuola di domani tra contestazioni e dimenticanze delineata dalle nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo sembra essere la scuola della nostra infanzia .Vi ricordate la scuola delle regole che quelli della mia non più verde età hanno frequentato più di mezzo secolo fa. Negli ultimi cinquantanni o forse più quella scuola è stata oggetto di tante, forse troppe riforme perché ogni Governo ,ogni compagine politica, la voleva a sua immagine e somiglianza. Riforme positive e negative ,progetti e programmi per la durata di un mattino, un futuro sempre da rincorrere. Una scuola al passo con i tempi, una scuola fuori dal tempo, una scuola rinnovata o una scuola capiarbiamente legata a principi, idee , prassi e posizioni ferme a volte stagnanti . Una scuola sulla quale sono state scritte pagine e pagine belle o brutte ,comunque una scuola sempre sotto i riflettori . Una scuola a cui ,è il caso di dirlo, sono state sottratte risorse , in cui si sono aperti dibattiti contingenti ma anche stravaganti ,una scuola che ha sofferto e soffre la carenza di personale , la girandola degli insegnanti ogni inizio anno, insomma una scuola sempre in fermento per riuscire ad attuare il dettato costituzionale. Un compito che gli articoli (3),9, 33 e 34 della carta le affidano .
A cominciare da un capisaldo , l’art 3 : “ L’istruzione è uno strumento determinante per garantire nei fattil’uguaglianza dei cittadini, che si realizza attraverso il pieno sviluppo della persona, l’esercizio consapevole delle libertà e la partecipazione alla vita del Paese; in un quadro di riferimento molto ampio con l’art.9 : “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica
e tecnica” e l’art. 33 , 1 e 2 : “ L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento…..La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli
ordini e gradi “ fino a garantire una libertà di insegnamento (Pluralismo culturale) e libertà di istituire scuole (Pluralismo scolastico) secondo l’art.33, 3°e 4°c.
Insomma una scuola come immagine della società anche se troppo spesso viene vista e organizzata unicamente o principalmente come un servizio, in cui non è possibile rintracciare alcuna tensione, dibattito, ,conflitto, auspici che animano la nostra società .
Dicevo una scuola però soggetta continuamente a riforme e cambiamenti . Per cui non a caso la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO ha promosso già dal 2020 la costituzione di un gruppo di esperti con l’obiettivo di elaborare un documento di riflessione sul contributo che una riforma del sistema educativo può dare al rilancio sociale ed economico nel nostro paese che a questo proposito affermano un principio fondamentale : “L’educazione è il principale strumento per promuovere una società più giusta ed equilibrata, una società nella quale ciascun individuo ha le stesse opportunità indipendentemente dalla situazione di partenza. L’accesso ad un sistema educativo di qualità garantisce ad ogni persona migliori opportunità di inserimento nel mondo del lavoro e maggiori potenzialità in età adulta ma anche, più in generale, una migliore qualità di vita. I benefici di un sistema educativo efficiente si estendono a tutta la società attraverso maggiori opportunità di sviluppo economico e di creazione di valore. Una società nella quale ciascuno ha accesso ad una istruzione di qualità gode anche di un maggior grado di coesione sociale. Per questo motivo l’educazione occupa un posto di particolare rilievo nell’agenda politica dei sistemi democratici ed è all’attenzione di molte organizzazioni internazionali. “ (1)
Quella commissione nel suo documento finale ha indicato una serie di punti nevralgici e fondamentali quali : la Scuola è strumento di crescita, inclusione e coesione sociale;è luogo di formazione ed educazione della persona e non solo di acquisizione di competenze;è strumento di apertura al mondo;richiede una corrispondenza tra cicli didattici o obblighi di istruzione/formazione; con percorsi di studio che devono essere coerente con gli obiettivi
del Paese; affrontando il problema dell’orientamento universitario e colmando le differenze e diseguaglianze al fine anche di costruire un nuovo rapporto tra docenti, studenti e famiglie; quindi una una diffusa formazione di base e la capacità di “imparare ad imparare”.
Azioni essenziali per far vivere una scuola :” strumento per formare cittadini all’altezza delle sfide della società contemporanea, lo spazio in cui costruire una cittadinanza attiva e consapevole, l’agente abilitante per superare gli ostacoli al pieno sviluppo della persona ai sensi del degli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione, nonché dell’art.35, c.2 che stabilisce che lo Stato ha il compito di curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Uno strumento che abbraccia l’intero arco della vita: dall’infanzia (perché i più piccoli superino le barriere socio-economiche familiari che troppo spesso determinano le loro future carriere) fino all’età del lavoro e durante tutta la vita attiva. Apprendimento e formazione permanenti sono l’unico antidoto ai rischi occupazionali
del cambiamento tecnologico. “
Un cammino dunque che arriva ora ad un ennesima nuova riforma in vigore dal prossimo anno scolastico 2025-2026 secondo la bozza redatta da una commissione di esperti con Indicazioni nazionali per il primo ciclo d’istruzione che saranno emanate con un apposito decreto ministeriale . Una riforma per la scuola del domani in un contesto politico , sociale e culturale che in merito ai contenuti di questa nuova scuola fa venir voglia di domandarsi però che fine abbiamo fatto gli insegnamenti di uomini che hanno per tutta la vita perseguito obiettivi oltre il compito più banale della scuola che è quello di porre lo studente in condizione di apprendere le tecnologie proprie e ricevere tutti gli strumenti per operare e vivere nel proprio tempo.Ovvero obiettivi che affidano alla scuola il compito di “fare comunità”, cioè vivere il proprio tempo in una comunità sempre più complessa e articolata, di cui sentirsi parte attiva e partecipe .
Uomini dunque come Mario Lodi ,Gianni Rodari, Bruno Ciari, Tullo di Mauro, Don Milani solo per ricordarne alcuni il cui insegnamento sembra essere , secondo alcuni che hanno letto la bozza delle indicazioni , completamente dimenticati .
A questo proposito proviamo per esempio a ricondiserare le indicazioni per l’insegnamento dell’italiano per il quale la bozza testualmente afferma:”Quanto alle finalità dell’insegnamento utile e intelligente della grammatica, va tenuto presente che esso sarà tale quanto più ci si ricorderà che avere una buona competenza linguistica non vuol dire solo rispettare le strutture e le regole di funzionamento del sistema, ma anche riuscire a valorizzare con scelte consapevoli e appropriate le possibilità espressive che la lingua ci mette a disposizione. Si tratta prima di tutto di acquisire
gli strumenti necessari per l’‘alfabetizzazione funzionale’, tappa necessaria, come si riconosce da secoli, nel percorso di apprendimento del ‘leggere, scrivere e far di conto’. Si deve trasmettere all’allievo, prima ancora delle regole, e assieme ad esse, il sentimento dell’importanza della correttezza linguistica e formale in contesti diversi. Questa attenzione alla buona comunicazione si trasforma in maniera spontanea in un positivo autocontrollo che perdura per tutta la vita.”(pag.36)
E proviamo a riconsiderare le “Dieci tesi per una educazione linguistica democratica “ sulle quali si è sviluppata una polemica avendo accusato il suo estensore Tullio De Mauro di aver voluto con queste tesi proporre l’abbandono dell’insegnamento della gramatica della lingua italiana a cui appunto le Indicazioni tentano di mettere rimnedio Non solo De Mauro e le Dieci tesi non lo affermano, ma, al contrario,ritengono che sia proprio l’esperienza degli allievi , ovvero ciò che già sanno, a permettere una guida nelle esperiuenze metalinguistiche fuori da definizioni astratte e avulse.Per Tullio De Mauro è fondamentale riflettere sugli usi linguistici degli allievi che sono in definitiva l’humus di quella competenza linguistica che la scuola può accrescere e affinare .
Il riassunto, la calligrafia e il latino sembrano essere i tre punti focali di una nuova scuola che torna ad essere trasmissiva in cui la lingua sembra servire a praticare la scrittura e non ad esercitare la cittadinanza.
A questo proposito sembra completamente negata la lezione della “Lettera ad una professoressa “della scuola di Barbiana di Don Milani . Infatti nel documento degli studenti di Barbiana si sottolineano l’importanza di imparare a scrivere in modo chiaro e semplice, per aiutare i poveri a emanciparsi .Il 28 marzo 1956 don Milani inviava un articolo al direttore del “Giornale del Mattino” di Firenze, in risposta al discorso che il ministro della Pubblica Istruzione Paolo Rossi (primo governo Segni, 1955-57) aveva tenuto in merito all’abolizione del latino dalla scuola media e in cui egli si dichiarò favorevole all’iniziativa. Al di là delle polemiche che la lettera suscitò a quel tempo, l’idea di Don Milani era chiara : un’dea della cultura, e soprattutto della lingua, non di una specifica lingua che sia latino o italiano, ma della Lingua con la L maiuscola, della Parola, intesa come possibilità di comunicazione ed espressione e, al contempo, come strumento di promozione umana e sociale.
“Perché è solo la lingua che fa eguali” dice don Milani nella Parte prima di Lettera a una professoressa. “Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli”
Per Don Milani lo studio della lingua inizia da un insieme di lessici che fanno riferimento trasversalmente a discipline come la meccanica, la storia alla politica, lo sport e la matematica, fino alla musica, ripercorrendo la storia di ogni singola parola che deve essere “sezionata”, dice don Milani, fatta vivere ai ragazzi “come persone che hanno una nascita, uno sviluppo, un trasformarsi, un deformarsi”.( 2)
Una parola capace di “aprire gli occhi” a quei ragazzi di montagna, dando loro una chiave di lettura della realtà, una “chiave per tutti gli usci”. Una necessità dunque , il tentativo di ripercorre il cammino di una parola fin dalla sua nascita per capire completamente i suoi significati. Che è anche in definitiva quello che ha detto Tullio De Mausro nei suoi scritti e studi sulla storia della lingua delle regioni del nostro paese.
Come pure sembra dimenticato l’insegnamento di Gianni Rodari che proprio in riferimento alla lingua ha fatto di tutto per scongiurare il rischio di una riduzione della lingua a un sistema rigido di norme. Sono spesso le norme non le regole che ostacolano la creatività, il pensiero critico e la pluralità linguistica alla irrilevanza. Un Rodari che ha continuamente insegnato con i suoi scritti , le sue opere a percorrere sentieri nuovi e diversi da quelli solitamente frequentati in favore di una maggiore adesione alla esposizione de lle proprie idee per partecipare alla società. Non basta la memoria . E sono ammessi gli errori . Si legga per esempio il suo “Libro degli errori” in cui appunto si fa leva padagogica sull’errore, tappa nell’apprendimento al contrario della correzione dell’errore che sembra essere una delle preoccupazioni della nuove indicazioni .
Che prefigurando una scuola completamente diversa da quella indicata nelle riforme del 2007 e 2012 affermando ne tema specifico di questo esempio , una concezione del tutto diversa della lingua, del ruolo della scuola e del cittadino che si intende formare.
La scuola del dialogo dunque viene sotituita con la scuola trasmissiva contro la quale hanno lavorato Bruno Ciari e Mario Lodi che un giorno si incontrarono e Lodi apprese delle metodologie di Freinet secondo le quali gli studenti lavoravano insieme , usavano una piccola tipografia. Lui che si era trovato davanti nel 1951 con sgomento bambini in aula che erano “Fermi come statue, coi cervelli inerti, non rispondono neanche al sorriso, temono il maestro e quando il maestro vuole discorrere con loro, si racchiudono in un gelido silenzio che mi riesce impossibile rompere “ . Una situazione che lo convinse a “Distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni paura, dare motivazione e felici tà al suo lavoro, creare intorno a lui una
comunità di compagni che non gli siano antagonisti, dare importanza alla sua vita”.
Un rapporto docente alunno per il quale “ il documento rispolvera l’immagine romantica del “Maestro”, omettendo quasi del tutto il profilo professionale del docente contemporaneo. Vengono trascurate competenze chiave come progettazione, collegialità, formazione continua, capacità relazionale e riflessività. L’idea di “curriculum maker” assegnata al singolo insegnante appare, secondo l’ANDIS (Associazione Nazionale Dirigenti scolastici), impropria e in contraddizione con il ruolo collegiale del Collegio Docenti. “(3)
Tanto che “ il testo presenta un’immagine bucolica della scuola come “comunità educante”, ma omette del tutto la sua dimensione sistemica e complessa. Viene proposta una visione idealizzata, in cui tutto sembra funzionare grazie alla buona volontà e alla serenità relazionale, dimenticando le sfide concrete: gestione delle risorse, motivazione del personale, leadership diffusa e adattabilità metodologica. Manca, secondo l’associazione, il necessario riconoscimento della pluralità professionale e delle competenze necessarie per guidare un’organizzazione così articolata. “(4)
Indicazioni nazionali dunque tra contestazioni e dimenticanze come abbiamo brevemente ricordato. Ma anche indicazioni che sollevano e continueranno a sollevare domande e problemi nella loro applicazione concreta perchè disegnano una scuola che si rifà ad un “buon tempo antico” quando la scuola sicuramente era diversa da quella che nelle diversità è stata faticosamente fino ad oggi costruita ma con la pretesa che avrebbe funzionato meglio di quanto accada ora .
Domande e problemi che , posto il principio che non può esistere studio rigoroso senza problematizzazione e rielaborazione cognitiva, ci interrogano se sia giusto o meno
azzerare e cancellare ogni elaborazione ed esperienza didattica innovativa capace di
indicare alle nuove generazioni di studenti un orizzonte verso il futuro. E ci domandano se sia vero che la scuola trasmissiva sia la vera causa dei limiti e delle disfunzioni della scuola di oggi secondo i dati delle rilevazioni internazionali Pisa e Timss, le prove Invalsi, i rilevamenti Ocse sulle competenze alfabetiche nella popolazione adulta del nostro paese .
Interrogativi che già da ora alimentano un dibattito su un documento che da una parte “per la prima volta integra pedagogia e didattica disciplinare in modo organico”, secondo Loredana Perla, coordinatrice della Commissione ministeriale per la revisione delle Nuove Indicazioni Nazionali, ma dall’altra addossa a questa ulteriore riforma l’handicap dei piccoli interventi circoscritti, piuttosto che grandi progetti di riforma, che negli anni hanno reso la scuola un progetto privo di identità e di una visione di sistema.
Come potranno applicarsi nella pratica le modifiche introdotte? Quali saranno le implicazioni didattiche? Come cambierà l’idea di scuola? Moltissime associazioni di scuola e università hanno lavorato incessantemente, negli ultimi decenni sperimentando, documentando, condividendo e contribuendo al lavoro di ricerca e di stesura di idee e suggerimenti per una scuola in cui siano rafforzati l’autonomia, la parità scolastica, i cicli, le competenze e la valutazione. Questa strada potrà essere utile per fare in modo che queste nuove indicazioni non stravolgano tutto quello che la riforma del 2012 aveva concretizzato proprio contro l’inquinatmento da posizioni ideologiche inamovibili . Posizioni che sono una delle cause se non la principale della progressiva perdita di autonomia della scuola e dei docenti, garantita dalla costituzione , come già ricordato in precedenza ,nel nome della semplificazione, della valutazione e di una offerta formativa omogenea e nazionale.
Un dibattito dunque aperto su l’idea di scuola, di società, di inclusione, del futuro che ci attende. Senza dimenticare appunto una domanda finale se sia possibile o meno rinunciare alle indicazioni del 2012 per i valori che veicolano e i risultati che fino ad oggi hanno prodotto.
(1)https://www.unesco.it/wp-content/uploads/2023/11/Il-ruolo-dellEducazione-per-il-rilancio-sociale-ed-economico-italiano1.pdf
(2)Al direttore del «Giornale del mattino», Firenze, 28/3/1956, in Michele Gesualdi (a cura), Lettere di Don Lorenzo Milani, Milano, Mondadori, 1970.
(3)https://www.tuttoscuola.com/indicazioni-nazionali-2025-visione-idealizzata-della-scuola-e-carenze-operative-la-lettura-critica-dellandis/
(4)https://www.tuttoscuola.com/indicazioni-nazionali-2025-visione-idealizzata-della-scuola-e-carenze-operative-la-lettura-critica-dellandis/
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