di Alessandra Prospero
Si accende lo scontro politico attorno al Garante per la protezione dei dati personali dopo il caso Report. Il presidente dell’Autorità, Pasquale Stanzione, ha respinto con fermezza le richieste di dimissioni avanzate dalle opposizioni e l’ipotesi di un “azzeramento” del collegio, aperta anche da Fratelli d’Italia. «Il collegio non presenterà le proprie dimissioni, le accuse sono totalmente infondate», ha dichiarato Stanzione al TG1, aggiungendo che «quando la politica grida allo scioglimento di un’Autorità indipendente, perde credibilità».
La polemica nasce dall’inchiesta della trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, che ha messo in discussione l’indipendenza del Garante e ipotizzato conflitti d’interesse tra alcuni componenti del collegio e l’area politica di governo. Al centro del servizio è finito Agostino Ghiglia, ex parlamentare di Fratelli d’Italia, accusato di contiguità con l’ambiente politico che lo ha sostenuto nella nomina. Report ha inoltre collegato la figura di Ghiglia alla multa inflitta dal Garante alla stessa trasmissione, dopo la diffusione di un audio privato tra l’allora ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e la moglie, insinuando che la decisione potesse avere motivazioni politiche.
Stanzione ha definito le accuse una “mistificazione”, sostenendo che si tratti di un tentativo di delegittimare l’azione dell’Autorità. «Il Garante assume decisioni talvolta favorevoli e talvolta contrarie al governo – ha spiegato –. È questa la prova della sua autonomia».
Nel frattempo, nel centrosinistra cresce la richiesta di riformare le regole di nomina dei componenti del Garante, oggi eletti due dalla Camera e due dal Senato. Il costituzionalista Stefano Ceccanti e il senatore Dario Parrini (Pd) propongono di introdurre un quorum dei tre quinti per garantire un consenso più ampio, ipotesi sostenuta anche da Alleanza Verdi e Sinistra. «Non si può far parte di un’Autorità indipendente senza una maggioranza qualificata del Parlamento», ha spiegato Parrini, ricordando che nel 2020 gli attuali membri furono eletti con meno del 40% dei voti.
Freddo il centrodestra, che replica ricordando come la sinistra non avesse sollevato il problema quando era al governo. Per il giurista Roberto Zaccaria, ex presidente Rai, l’unica via per un cambio immediato sarebbe la dimissione di tre dei quattro componenti del collegio: «Altre soluzioni non sono previste dalla legge».
Per ora, l’Autorità resta in carica. Ma la vicenda Report ha aperto un fronte politico e istituzionale che rischia di lasciare un segno duraturo sul rapporto tra indipendenza delle Autorità e pressioni politiche.
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