Era solo un gioco

Era solo un gioco
08 Set 2025

di Valter Marcone

Scrive l’Ansa “Foto di donne in costume da bagno, che cucinano o si rilassano sul divano, scattate di nascosto e condivise senza il loro consenso non in privato ma alla luce del sole su Facebook. Dopo un tam tam di segnalazioni, Meta chiude il gruppo chiamato ‘Mia Moglie’ seguito da tre cuoricini: “Violazione delle policy contro lo sfruttamento sessuale di adulti”, questa la motivazione della società di Mark Zuckerberg. Più di 30mila gli iscritti, per la stragrande maggioranza uomini, condividevano foto intime delle mogli, o presunte tali, a loro insaputa. Una storia di abuso che emerge nei giorni di un’altra violazione della privacy: le immagini private rubate da un sistema di videosorveglianza e finite online, del conduttore Stefano De Martino e della fidanzata. Il faro sul gruppo ‘Mia Moglie’ è stato acceso su Instagram dall’organizzazione no profit ‘no justice no peace’ che da mesi sta portando avanti una campagna che ha per titolo ‘not all men’, dove chiunque può inviare la propria storia di violenza.

Meta ha chiuso la pagina Facebook “Mia moglie”. Era un gruppo pubblico che contava più di trentamila iscritti che dal 2019 condividevano foto intime di mogli e compagne. A loro insaputa naturalmente . E tanto per completare l’opera le foto spesso erano accompagnate da commenti che si possono immaginare . Una marea di uomini che diffondevano scatti “rubati” ed esibiti in una specie di delirio di potere( o forse di onnipotenza ?!) e controllo in cerca di ammirazione e approvazione da parte del gruppo. Una gara emulativa che presuppone la costrizione e l’umiliazione della donna esibita. Un fenomeno dilagante che malgrado la chiusura del gruppo è diventato “nomade” migrando su altri social e comunque dimostrando una pervicacia esemplare. Telegram e una chat di WhatsApp sono le strade del web più intensamente percorse anche se non mancano nuovi gruppi Facebook che tentano di farla franca dalle indagini della Polizia Postale. Un feticcio il tentativo di rinverdire per numero di iscritti le “esternazioni e condivisioni” del gruppo chiuso da Meta è il nuovo gruppo Mia moglie 2.0 con i riferimenti per accedere al canale Telegram, anch’esso non popolatissimo. Mia moglie due è ormai privato, è stato reso privato e raggiungibile solo su invito.

Un fenomeno difficile da indagare malgrado la Polizia Postale abbia  già individuato l’amministratore del gruppo . Una indagine  che si scontra con enormi difficoltà , a partire per esempio dalla necessità di una denuncia da parte delle interessate. Il tentativo è quello di portare a processo chi ha commesso reati seri e gravi come quello della diffusione di immagini pornografiche in rete. Ma la questione è molto delicata perché implica rapporti coniugali e soprattutto rischia di fare delle vittime : i figli . Un lavoro enorme perché si tratta di identificare gli appartenenti al gruppo , nascosti dietro nickname. Un numero impressionante: 32 mila e perché il caso italiano non è isolato e per questo coinvolge diversi paesi in Europa dove sicuramente dovrà essere interessata la Commissione . Infatti si tratta di violazioni del Digital Services Act, la normativa che regola i servizi offerti alle grandi piattaforme del digitale. In particolare l la violazione dell’art. 34, per il quale è “ necessaria la valutazione di rischio annuale da parte delle piattaforme digitali affinché venga evitata la pubblicazione di contenuti pornografici”, nonché dell’articolo 18 “che prevede la collaborazione delle piattaforme con le forze dell’ordine”.

Sulla pagina Instagram di Fanpage.it il dibattito è rovente e le chat pro e contro la chiusura fanno sentire il polso di un fenomeno che purtroppo è alimentato dalla affermazione e riaffermazione comunque del potere maschile che va alla ricerca di tutte le ostentazioni possibili.

Infatti si possono leggere commenti come questo: “Che ci dici invece dell’app TEA dove circa 6 milioni di donne fanno commenti sugli uomini che vengono schedati e recensiti tipo trip advisor a loro insaputa e senza nessun consenso. Questo non deve essere chiuso vero ?” O come questo: “Tutto interessante, ma come abbiamo visto LE DENUNCE A POSTERIORI non vengono neanche considerate, per 20 anni (il sito operava indisturbato) e nessuno ha mai fatto nulla! Solo perché qualche donna di spettacolo è stata “lesa” ora si mobilitano tutti? E le denunce delle altre donne “comuni” fatte in precedenza hanno meno rilievo?” O come il seguente: “Da anni mi muovo in questo mondo e ho visto cose che fanno venire la pelle d’oca. Molti pensano che sia facile identificare e condannare chi commette reati online, ma la realtà è molto diversa da come la si immagina. Ho imparato che gran parte dei casi informatici, pur essendo palesi e sotto gli occhi di tutti, non sono affatto semplici da dimostrare in tribunale. Le prove raccolte devono rispettare procedure rigidissime, essere valide a livello legale e non sempre reggono quando arrivano davanti a un giudice. È frustrante, perché spesso si ha la sensazione di avere già il colpevole in mano, e invece servono mesi di indagini, riscontri tecnici e cooperazioni internazionali per costruire un quadro solido. Nonostante questo io rimango fiducioso, l’attenzione mediatica su casi come questo spinge le autorità a non lasciar cadere le indagini e aumenta le possibilità che i responsabili vengano finalmente chiamati a rispondere delle loro azioni, speriamo che li riescano a beccare tutti e che gli facciano fare la fine che meritano.”

https://www.instagram.com/reel/DN8puIlDPsa/

Insomma una saga dell’anonimo che nel più bieco anonimato mette in vetrina mogli e partner solo con l’intento di mostrarle appunto come trofei. Spesso, specialmente su Facebook, si vedono condivise foto di automobili o oggetti vari e diversa provenienza che sono mostrati per attirare l’attenzione su se stessi , sul proprio stato . Sono appunto degli oggetti dello status symbol per quello che vale. Donne come oggetto e quindi come oggetti di status symbol.

Con un danno collaterale rilevato dai media britannici per esempio che mettono in evidenza l’incapacità di Meta di filtrare on line immagini di sfruttamento sessuale. Un danno che diventa rumorosissimo e sconvolgente nel caso del forum online hard Phica.eu dove sono finite anche numerose donne politiche di primo piano, in pose assolutamente non osé, ma comunque oggetto di sessualizzazione e violenza. Tanto che Roberta Mori, portavoce nazionale della Conferenza Donne Democratiche esprime, a nome della Conferenza, “vicinanza alle tante donne che si ritrovano in un girone infernale di aggressione alla propria reputazione e onorabilità”. Precisando che “L’assenza di consenso non è un dettaglio – sottolinea Mori – è la cifra della violenza. Rubare, manipolare, esporre e commentare i corpi delle donne significa negare dignità e libertà alle persone”.

Ma significa anche preparare le condizioni per l’affermarsi e l’estendersi di un fenomeno come il femminicidio .

I dati provvisori ad agosto di questo 2025 dell’ Osservatorio Nazionale Non Una di Meno  su questo fenomeno  dicono che  sono dall’inizio dell’anno   sessanta i femminicidi  più nove  casi in fase di accertamento, per un totale di  sessantanove casi monitorati. Mentre il profilo X del’Istat  riporta  un numero maggiore di caso seppure provvisorio anch’esso : novantaquattro . Numeri allarmanti che interessano  donne di ogni età e contesto sociale. È in corso di svolgimento   un’indagine sulla sicurezza delle donne  e i dati aggiornati saranno disponibili a novembre 2025 . Le prima avvisaglie dicono Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila).

Una condizione che il Rapporto  Eige – Fra del 2024  fotografa  rilevando  una quadro desolante, soprattutto un quadro immutato rispetto a dieci anni fa. In Europa, già nel 2014, una donna su dieci aveva già subito cyberviolenza prima di aver compiuto 15 anni e il 5% delle donne aveva subito stalking online. Sette donne su dieci, vittime di violenza online, hanno anche subito almeno una forma di violenza fisica/sessuale da parte del partner o dell’ex partner. Allo stesso modo, il 71% degli autori di violenza domestica controlla il computer della partner e il 54% ne traccia i cellulari con software appositi.

 Per quanto riguarda la situazione Italia  è proprio del 7 marzo 2025  l’aggiornamento dell’Istat sulle chiamate al 1522, il servizio di pubblica utilità messo a disposizione dal Dipartimento Pari opportunità per le vittime di violenza e di stalking. Ne emerge un aumento del 25,8 per cento del numero di segnalazioni chat e via telefono pervenute all’helpline nel corso del 2024 rispetto all’anno precedente.

Che cosa fare dunque.  Sicuramente non basta la chiusura della pagina Facebook “ Mia moglie” o del sito Phica.it . Il problema è rilevante e il fenomeno  alimenta ,con altri appunto,  esiti estremi come i femminicidi.  Forse se ne  discuterà in Parlamento, assicurano le parlamentari coinvolte… Sarebbe bene che la politica facesse sentire la sua voce forte e chiara, non a chiacchiere ma con provvedimenti  drastici come per esempio , la proposta di una procedura accelerata per chiudere i siti di foto hard rubate.  per stroncare questo nuovo tipo di violenza “denunciandola” e “agendo unite” da parte delle donne che non devono sentirsi sole in questa battaglia . Un obbligo che impegni  non solo Meta ma tutti gli altri social  a  setacciare  le piattaforme e  chiudere immediatamente tutte quelle che   esplicitamente propongono foto hard ma anche quelle passibili di sospetto. Sarebbe almeno un primo passo. Per il resto il lavoro è ancora lungo e difficile e forse l’unica strada per ottenere qualche risultata è quello di una educazione all’affettività e ai rapporti  tra i sessi  delle nuove generazioni .


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