Conferenza stampa, questa mattina a Chieti, organizzata dal WWF Chieti-Pescara per fare un punto sul ricorso dinanzi al TAR Sezione di Pescara presentato dall’associazione contro il parere favorevole del Comitato Regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale rilasciato a posteriori (VIA postuma) in favore dell’insediamento Mirò. All’incontro erano presenti, con il WWF e con l’avv. Francesco Paolo Febbo, anche Confcommercio, Confesercenti e Chieti Nuova 3 febbraio, le associazioni che, insieme a diversi privati cittadini, hanno contribuito economicamente al ricorso.
L’avv. Febbo ha spiegato come il recentissimo adeguamento del PSDA, Piano Stralcio Difesa Alluvioni (che il WWF aveva immediatamente notificato al TAR a integrazione del proprio ricorso, prima dell’udienza del 18 luglio), ha evidenziato e aggravato quello che le associazioni affermano da tempo e che il WWF e l’avv. Febbo avevano ribadito nelle proprie controdeduzioni al documento presentato al Tribunale Amministrativo dalla Regione: realizzare un centro commerciale in un ansa del Pescara a rischio alluvionale e già cassa di espansione naturale del fiume è stato un errore e un errore ancora più grave sarebbe quello di consentire nella stessa zona ulteriori insediamenti. L’area è infatti ora considerata a rischio elevato! Il Comitato VIA – è stato detto – sulla base di questi nuovi dati dovrebbe immediatamente annullare in autotutela il giudizio favorevole incautamente concesso e i Comuni dovrebbero dichiarare inedificabile l’intera zona ritirando ogni autorizzazione. Il WWF inoltrerà via PEC una diffida in tal senso già nei prossimi giorni. In questi casi deve assolutamente prevalere il principio di precauzione. Sarebbe di gran lunga più saggio ipotizzare delocalizzazioni piuttosto che incrementare la cementificazione e non è in alcun modo accettabile che si possa tentare di contrastare la modifica del PSDA basandosi su ragioni meramente politiche.
«Il PSDA – ha sottolineato con forza l’avv. Febbo – è uno strumento tecnico, basato su evidenze scientifiche, elaborato dall’Autorità di Bacino sulla base di studi a livello universitario, che hanno coinvolto anche l’ateneo dell’Aquila. Trovo sconcertante che possano esserci pressioni politiche per una sua ridefinizione oppure osservazioni basate sulla deleteria scelta di edificare a ogni costo in aree esondabili. Nelle zone ad alta pericolosità non si deve costruire: questa è l’unica maniera possibile per azzerare il rischio. Non ha senso cercare di “interpretare” le evidenze scientifiche per negare il problema. Non ha senso perché i danni poi li pagano i cittadini, non solo sul piano economico: mi permetto di ricordare che la tragedia di Rigopiano, al di là delle responsabilità contingenti, ha alla base un fatto gravissimo: un albergo costruito in una zona soggetta a valanghe. Quel drammatico episodio con i suoi tanti morti avrebbe dovuto insegnarci che la prevenzione dev’essere un faro sempre acceso per chi gestisce la cosa pubblica, ma anche per gli imprenditori. Le costruzioni a ridosso dei fiumi o in zone a rischio idrogeologico vanno semplicemente evitate. Non serve costruire muraglie e meno che mai alzarle all’infinito: queste scelte non annullano affatto il rischio sul posto e comunque lo aumentano altrove. Dire no a un progetto in un’area inadatta dovrebbe essere il primo obbligo per politici e funzionari della pubblica amministrazione».
È stato anche osservato che le casse di laminazione, oltre a costare un enorme impiego di denaro pubblico (cioè di tutti i cittadini) rappresentano un palliativo che può mitigare gli effetti di un’alluvione ma non certo annullarli. In ogni caso si tratta di strutture che andranno gestite e costantemente manutenute, con ulteriori costi a carico della collettività, testimonianza di scelte politiche sbagliate.
Tra le righe nel corso dell’incontro è stato pure fatto notare che la diffida inviata da Megalò a organi di stampa per invitarli a non chiamare “Megalò2” il progetto Mirò rappresenta in un certo senso la dimostrazione che questa ulteriore colata di cemento non è in alcun modo un completamento di quanto previsto dall’ormai antico e decaduto PRUSST ma una nuova proposta che come tale, alla luce di quanto sin qui esposto, non può che essere respinta.
La criminologa e tanatoesteta abruzzese Linda Corsaletti è protagonista della docuserie “La truccatrice dei morti”, in uscita su YouTube dal 2 novembre. Un viaggio tra scienza e umanità che racconta la cura post-mortem come atto di dignità e memoria.
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